sabato 7 luglio 2018

Attimi


ANGIOLETTA FONTANA


Come le stelle


      A T T I M I
LA MIA VITA












Revisione testi a cura di MARINA FERRARI





In copertina:  Santiago del Cile – paesaggio -



“Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale”








ANGIOLETTA FONTANA


Come le stelle


      A T T I M I
LA MIA VITA












Revisione testi a cura di MARINA FERRARI










CONSIDERAZIONI



Alzo gli
occhi al cielo
sul far del giorno
m e r a v i g l i a
osservo la via (Lattea)
del cammino
segnali – sognanti

cullata dal tepore del giorno
m’ incammino tra voci amiche
lungo sentieri in territori
s c o n o s c i u t i

Canti di usignoli
accompagnano i
sofferti  passi







COMMENTO DELL’AUTRICE


Premesso che il libro cartaceo ormai fatica ad essere attrattivo, che prevalgono google, facebook, twitter, w.z.up, che si scrive ormai on line, in modo più che schematico e non si usa più la penna, mezzo ritenuto antiquato, avendo promesso tanti anni fa che un libro l’avrei scritto…eccomi qui.
Perché il primo libro adesso?
Perché no…
Sono artigiana della poesia, apprendista strega del linguaggio, ammalata di parole, osservatrice del mondo.
Come migliaia di altre donne la famiglia, il lavoro, i figli mi hanno assorbita per anni, senza rimpianti.
Non è che il lavoro ora sia diminuito, tutt’altro…ma…viste le contingenze…era adesso il momento.
Reduce da una difficile operazione per un neurinoma all’acustico, ho voluto percorrere il cammino di Santiago ed ho avuto, finalmente, il tempo per pensare. Sprazzi di ricordi, ritagli di memoria, sensazioni, emozioni…attimi di vita, numerosi come le stelle nel cielo, luminosi nel grigiore del quotidiano.
Il quotidiano stesso entra nella miriade delle galassie che costituiscono una singola vita…unica…specifica…non ripetibile…
Da queste meditazioni, il titolo del libro.



Ringrazio la dott.ssa B.M. che ha fatto sì che questo potesse accadere.






Carlo Carrà – Ritratto di Marinetti -
                                                 

Premessa


Sono nata in una casa dove non c’erano libri…
ma tanta libertà
tanto amore
tanta arte
tanto rispetto
tanti sogni

Uno spazio infinito, per me simile al paradiso, dove la ricerca della propria identità si rifletteva sulle vere e, a volte, sofferte amicizie, dove il gioco era scoperta, consapevolezza, gioia: un giardino tutto da scoprire, sempre fiorito circondato, ma non limitato, dal mondo esterno.
Era la casa dei sogni dove pensare e costruire le proprie esperienze, dove crescere per poi poterla lasciare, per intraprendere nuove strade, senza angosce, con un’ombra di nostalgia.






OGGI……

Arrivo a Verona passando dalla località “Paradiso”. Percorro lo snodo autostradale di Peschiera del Garda. In città mi dirigo al parcheggio “Arena” nel centro di Verona.
Da piazza Brà, dove ci si ferma a bere un caffè rimirando l’Arena romanica, percorro la frenetica e scintillante via Mazzini, dove i vocii ricordano i gabbiani sulla spiaggia, al tramonto.
Mi immergo nella bellissima e irrequieta piazza “Erbe” e finalmente approdo al “Teatro Nuovo”, in piazzetta Navona. Mi siedo, in attesa dello spettacolo, sulla panchina ed osservo delle bambine che giocano riempiendo calici all’acqua della fontana, mentre un vecchio signore acquista una rosa e, con aria complice, la porta alla venditrice di biglietti.
Invitata dal teatro della Scuola degli Invisibili, composto da persone speciali e rare, indago quel Pirandello che nel 1923 rappresentava il teatro “d’avanguardia” con “l’uomo dal fiore in bocca”.
La morte ti raggiunge quando è la tua ora: inevitabile…a prescindere, dicevano i saggi.
Pirandello…autore agli albori della psicanalisi, rammentando i “sei personaggi in cerca d’autore “ e “uno, nessuno e centomila”.
Pirandello…quale teatro esiste ora:
-         Uno…l’intelligenza artificiale
-         Nessuno…lo scarto sociale
-         Centomila…il controllo, la paura fuori controllo
quali autoritratti, quali autori creano gli attori.

L’identità come tale è un’invenzione moderna.
È nata come problema e può esistere solo come problema.
Si pensa all’identità quando non si è sicuri della propria appartenenza. I concetti di costruzione dell’identità e di cultura, ovvero l’idea di incompetenza individuale, di necessità di una crescita collettiva e dell’importanza di maestri abili ed esperti, potevano solo nascere insieme.








 IN CAMMINO
                                         

Il cammino francese di Santiago







Scrigni racchiusi in uno specchio d’acqua.
Canti, danze, brindisi, giocolieri, mangiafuoco,
rumori si levano sul borgo a tracciare la VIA.
I  pensieri  ci  guidano  sulle  asperità  di  infiniti  mondi
dove tempi (diversi) scandiscono i rintocchi
dell’anima vagabonda 
(sazi della stantia quotidianità imposta)
Stando alla finestra nell’attesa della grande partenza,
fremono gli alberi.
Passo dopo passo le parole prendono forme all’intorno.
Tra  ciechi  passaggi,
il  vento  ci  accompagna 
lungo  il Cammino  gemendo silenzioso.



La figura del pellegrino non è stata un’invenzione moderna, è antica come il Cristianesimo. Per il pellegrino nel tempo, la verità è altrove, la gloria e la profondità della destinazione finale toglie importanza al presente e, contemporaneamente, fa luce su di esso.
“Siamo pellegrini nel tempo” era, nelle parole di Sant’Agostino, non un’esortazione, ma un dato di fatto. Noi siamo pellegrini qualsiasi cosa facciamo, e c’è poco da fare al riguardo anche se lo desideriamo…

Alla ricerca dell’eldorado della vita, come un continuo flusso sanguigno, le persone si susseguono lungo il cammino, il CAMMINO per antonomasia, il percorso verso Santiago de Compostela. Questo fluire intenso arricchisce e crea idee, amicizie, opinioni, ricerche, riflessioni, domande e risposte preziose.  
          
Olà  Buen camino



Varie identità, figure concrete, ricche di sfumature. Racconti, vite, strade percorse o da percorrere, spessori solidali sulle tracce lasciate dai pellegrini. Il pellegrino ricerca se stesso nel cammino solitario, nella fatica quotidiana, dove la sofferenza fa capire l’essenza della vita.
Il cammino è la vita,  costringe alla meditazione nel silenzio.        
Ho incontrato tante persone, tante storie, tante vite…

Experanza, allegra, piena di vita, tenace, solare, viene dalle Gran Canarie
Le chiedo: dove vai. E mi dice…camminando, cerco - ricerco me stessa.  

  Experanza, buen camino




Lungo il percorso i canti della gioia di vivere dei gruppi spagnoli, solidali festanti, rumorosi e allegri, allietano le fatiche del cammino.
Dalla severa Scozia un’allegra minuta, apparentemente fragile signora sui settant’anni, affronta il cammino nella fatica arricchita dai ricordi di canzoni dei paesi lontani conosciuti nell’infanzia. Amica del dialogo viene dal freddo della Scozia a cercare momenti unici d’amicizia e calore. Invita a cantare canzoni di Zucchero e Pavarotti, incoraggiando a camminare veloce…   si mette a cantare a squarciagola.
Incontro un gruppo molto affiatato di Bergamo, abituato ad un territorio di montagna simile a questo del cammino. Sembra non facciano alcuna fatica. Gente simpatica che, mentre avanza, prega.
Procedo di salita in salita, parlando parlando, ma anche restando soli a cercare le proprie risposte, passo rapido, con il tam tam di due bastoni trovati lungo la strada.
Di fatica in fatica..olà da dove vieni…ecco Delia, viene dall’Equador ma lavora a Madrid. Con il suo grande, pesante bastone che risuona come un battito della terra madre, insuperabile, immediata parla almeno cinque lingue, per lavoro si prende cura degli anziani.
Dormiamo in camerate che ospitano da otto a trenta persone.
Maria Lourdes, suora della periferia di Madrid – Valladolid, è grandiosa nell’ascolto ed immensa nel dare agli altri. Già missionaria nell’America Latina, dispensa amore e allegria immediata, però ronfa in modo assordante non lasciando dormire la camerata……
Si inchinano i folti alberi al passaggio dei pellegrini, gli usignoli allietano con i loro canti, gli animali al pascolo si avvicinano curiosi, una fila interminabile e costante crea il pellegrino lungo i selciati del Cammino.
Tra l’arte della natura (boschi spontanei, ruscelli, acqua, sole, nebbia,……… e l’arte dell’uomo, (boschi coltivati, culture, allevamenti, costruzioni chiese, abitazioni, pozzi, strade, vie, piazze), il Paesaggio esprime la propria identità nella continua ricerca della via segnalata da cippi indicativi della meta proiettata nel futuro.




Incontro due francesi, marito e moglie, partiti dalle Asturie, la signora con i piedi  pieni di vesciche che il marito le cura costantemente, ma il dolore è tanto,  urlato dal monte Gozo.
Un’anziana, di corporatura robusta, statunitense, è accompagnata da una badante minuta, filippina, che la guida passo dopo passo, urlandole dove appoggiare i piedi sul percorso accidentato. La grossa grassa signora porta le calze di contenimento ma è determinata nel cammino, nonostante le difficoltà. A loro…buen camino…
Sul cammino si muove tutto il mondo. Vengono dagli U.S.A., dal Canada, Mexico, Australia, Italia, Corea, Francia, Giappone, Polonia, Brasile, Venenzuela, Bolivia, Nicaragua, Onduras, Perù, Equador, Germania, Scozia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Germania, Gran Canarie, Argentina, Cile, Ungheria,………… Tutto il mondo, tanta  tanta gente, persone ognuna racchiusa in sè, ognuno con il proprio passo, lungo il cammino: tanti scrigni preziosi.
Nel percorso vedo dei tumuli, con foto di amici, cari scomparsi, un paio di scarpe da bambina di colore rosa. Tracce di vite vissute e cessate.
Quanti volti, tutto il mondo libero ritrova le proprie radici. Purificati nella sorgente, si lasciano le proprie spoglie sugli alberi a testimoniare il passaggio

Lunga è l’attesa del rilascio della compostela. Tre ragazzi italiani di Milano, Brescia e Torino, hanno fatto tutto il cammino francese e continueranno verso Finisterre, sull’oceano. Sono disoccupati, anche se hanno 32-35 anni: hanno l’età di mio figlio. Mi chiedo quale società non sia riuscita a dare valore a queste generazioni, al futuro. Per me sono fiaccole che illuminano i cammini.



Dopo tanta sofferenza e fatica si salutano festanti davanti alla cattedrale
                   GRANDE CATTEDRALE
                   FOTO BACI ABBRACCI
                   SORRISI URLANTI AD IMMORTALARE
                   UN MOMENTO MAGICO,
                   UN     ARRIVEDERCI
                  un fiorire di vere amicizie
                  e come girasoli
                  volgono lo sguardo
                                       alla via lattea
                                                      “buen cammino”



La cattedrale, a mezzogiorno, si scalda, animandosi con i pellegrini. Le sue arterie, si riempiono di energie. Guardando in alto,  ascolto  l’elenco   infinito  delle nazioni dei pellegrini presenti.





Orgogliosa di essere architetto e di potere vedere realizzata tanta ricchezza di creatività di un collega americano entro nella “Cidade de cultura” di Santiago, una “cattedrale nel deserto”, specchio di oggi, vuoto invaso dal nulla, anzi da due uccellini e da me, io ci sono… presente. Le idee bisogna coltivarle… Porte alte 5 metri…ma nessuno che entra



Scultura fatta di libri
                                


Biblioteca
                                                            

A Santiago ho riveduto il “roncador” (cioè chi ronfa) Mario, colui che non ha fatto dormire un dormitorio di trentadue persone a Portomarin. Mi aveva offerto i tappi per le orecchie, che ho rifiutato, poi lui che ronca se le è messe e, sino al mattino dopo, nessuno ha dormito tranne lui. Spagnolo simpatico, ma “ronca, ronca”.  Si difendeva dicendo che non era lui che roncava ma Mario, il bambolotto di pezza che portava sullo zaino.
Sono attimi intensi, il rivedere le persone conosciute durante il cammino
Attimi speciali di un tempo interminabile.
Durante il cammino, diretti a Finisterre, un milanese raccontava del cammino portoghese, bellissimo e fisicamente meno impegnativo di quello francese e di quello nordico che aveva fatto negli anni precedenti.
Raccontava della bellissima Lisbona, e delle città della costa. Un percorso da fare con calma, da godere in compagnia perché è poco frequentato, ma le strutture alberghiere e i sentieri funzionano.

ALLA FIN DA TERRE E DO CAMINO
IL RESPIRO DEL MARE

Seduta sulla panchina del porto o sui litorali che costeggiano gli scogli di Finisterre rimiro il mare festante e i rapidi e continui vocii dei gabbiani, all’ombra  di gigantesche palme, mentre il vento del mare mi rincuora e il sole mi abbaglia. Quando  comincia a farsi sera, i gabbiani e gli altri uccelli  vengono in spiaggia o sugli scogli perché il mare si ritira e lascia alghe e pesci ai propri compagni.
 Alla fine del mondo e del cammino, all’inizio di un nuovo percorso  un continuo rinnovarsi. L’Oceano ha ricucito le ferite della spiaggia aprendo un varco all’insenatura, mentre risplende d’oro il percorso consueto inondato di cocci  di conchiglie. Sulla piccola spiaggia due bambine hanno costruito un nido per i gabbiani del mare fatto con sabbia e acqua e riempito con sabbia. Le loro fatiche sono state riassorbite dal respiro del mare all’alba ringraziando di questa ricchezza.
Il porto con i suoi poderosi frangi flutti si insinua nella darsena amica, dipinta dalle imbarcazioni multicolori. Marinai caricano le barche  d’argento e di blu dipinte dei loro tesori che ritrovi nel museo-mercato del  pesce. Un vocio di persone, il banditore e i compratori. La bambina con i capelli ricci al porto, coccolata da tutti, sul mezzogiorno mi ricorda quando ero bambina vivace e allegra.
Due ragazze di Torino che hanno fatto tutti gli 800 Km senza avere problemi, mentre del loro amico partito per il “ percorso primario” non sanno ancora nulla. Una delle due ragazze, alloggiate vicino alla spiaggia, accusa una distorsione al piede procuratasi alla stazione dei bus di Santiago, per scansare una persona. Parlando, ci siamo promesse che l’anno prossimo ci troviamo sul percorso portoghese.
Maestosa la “spiaggia de fora” sull’oceano.
Alla fine del viaggio il vento dell’oceano suona le pagine dei miei appunti come note…………………Musica d’onde
Buongiorno, ovunque tu sia EXPERANCIA

Sconosciuto: ha impresso il suo nome sulle assi di un letto a castello MARIANO TARAN  CON PASSATO IL 10.10.2010
Ho chiesto a un volto solitario, com’è stato il cammino: duro all’inizio  poi   OK.  Trè bien.
Un volto in ascolto, da bambina determinata, dalla Germania che ha fatto tutto il percorso francese, fino a Finisterre, si concede un’attimo di pausa al porto, mentre mangia una mela, con tranquillità e scrive delle note e impressioni su un quaderno a quadretti, con grande soddisfazione. Una signora inglese, di origine tedesca, di bell’aspetto, ma triste le si avvicina chiedendole gli orari degli autobus per Compostela. La ragazza, solidale, le allunga un foglio con tutti gli orari. Si parlano per una mezz’ora in tedesco raccontando le proprie vicissitudini . Poi, dopo un saluto cordiale e fraterno ognuna segue la propria via.
Osservando e fotografando l’anima del sole all’alba sul mare, con i suoi riverberi, ascolto il respiro del mare. Domani cerco una conchiglia sulla spiaggia, metterò un fiore sull’oceano, camminerò nell’acqua, lungo la spiaggia.
Ho posato un fiore sulle acque agitate, raccolgo conchiglie sulla spiaggia, strappo una stella marina aggrappata alle forti alghe, saluto i gabbiani rumorosi, inebriati dai loro canti.
Qui è dove il tempo non passa mai. Il porto frenetico davanti agli occhi, i peregrini presenza costante, in flussi continui alla ricerca della sorgente (fonte). Capo del mondo, faro di Finisterre Km. 0.000 del cammino, pieno di gente. Emozionante l’avere posto la propria testimonianza al faro e la corona delle persone che contemplano il tramonto sull’oceano, dove il sole con il suo manto luminoso sul mare accoglie i pellegrini.
Tornando dal faro ho incontrato un volto amico, il milanese che ha fatto il percorso portoghese, ci siamo dati la mano e salutati, domani torna a Compostela e poi a Milano. Olà la voce ricorrente durante le salite e le discese, scogliere fantastiche, bellissimi e curati paesaggi.
Vedo un indiano d’america con due penne d’aquila sul capo, la pelle ambrata,  fiero delle sue origini, grandioso nella sua bellezza.
Sulla banchina del porto ho trovato un ragazzo conosciuto a Porto Marin, voce roca, barba lunga. Allora era solo, ora ha trovato una compagna delle marche. Erano abbracciati sulla panchina al porto avvolti in una coperta di lana, in una giornata uggiosa, a mirare il mare come gabbiani. Mi ha salutato, io a stento l’ho riconosciuto, scambiati gli auguri. Sono felice, alla fine del mondo puoi trovare anche una rinascita.
Al largo le barche da pesca fanno avanti e indietro lambendo la costa frastagliata, quando emerge una pinna, sembra un pescecane, ma guardando meglio erano due pinne che ogni tanto emergevano dall’acqua,  era l’uomo del mare, ammirato dai gabbiani e da me mentre si immedesimava nell’oceano e nel suo respiro. Maestoso l’uomo dal volto del mare.
Minuta, di statura bassa, proveniente dalla Corea , simpatica  mi ha chiesto se parlavo inglese,  ha pranzato con me  e dopo avermi salutato, zoppicando si è allontanata, eroica.
Un ramingo scapigliato esce dalla scogliera, con un giubbotto nero a brandelli, accompagnato dal suo cane inseparabile, cerca un po’ di cibo sulla salita panoramica ed i gabbiani stanno in attesa.
Bellissima Finisterre, con le tue onde blu, le piccole barche a motore,
il sole inebriante, la costa di sabbia e rocce, il verde imperioso delle colline lussureggianti.


Le onde che si infrangono sugli scogli
Il mare che respira
Il sorgere del sole che scintilla
Il tramonto con i suoi riverberi d’oro
M  E  L  O  D  I  A
Il rientro fiero dei pescherecci
inseguiti dal cigolio chiassoso
dei gabbiani.
Si libra il vento dal mare
suona le corde del mio volto.





COME LA SORGENTE
GOCCIA DOPO GOCCIA
ALIMENTA LA FOCE DELLA VITA
COSI’ I CAMMINI DELL’UOMO
PLASMANO I TESSUTI SOCIALI DELL’UMANITA’
IN UN ATTO
D’AMORE     U N I V E R S A L E
                







                     VIA   LATTEA

Il cammino portoghese verso Santiago


“L’anima s’apre all’armonia della vita in un ansimo di felicità”



In qualsiasi momento la tua vita
può cambiare e migliorare


“un suono magico”
                        portato dal vento





Cammino portoghese

Come in un vortice mi ritrovo in una scansione d’immagini, di destini ineguagliabili, sognando in una stanza aperta alle stelle, che come spighe di grano innalzano le mani luminose nel cielo, per poi tingersi d’oro.
È questa la stagione delle rose e della mietitura, è l’ora delle partenze.
Si illuminano i cammini di lucciole e le mie impronte segnano i sospiri profondi.
Dall’alto rimiro l’Oceano, imponente e immenso, e poi l’atterraggio…e tocco con mano i luoghi che non conosco. Bellissimo il paesaggio ovunque volgi lo sguardo, prendere la conoscenza e stringerla a sé per un attimo, chiedere informazioni a chiunque quando ti trovi perduta.
Ci sono “angeli” anche tra la povera gente, pronti ad aiutarti: persone di qualsiasi età e nazione pronte a “mollare” il cellulare per rispondere alle tue domande, in una città nuova, tutta da conoscere.
Arrivo all’aeroporto di Lisbona, abbracciata dall’alto, con i segni della sua storia evidenti, molteplici, ricchi in ogni sua via: sguardi oltre oceano che ampliano gli orizzonti.
La rivedo dal diciottesimo piano dell’Olaias Parck hotel, un palazzo di vetro e cemento, degli anni ’90 con vista su Rio delle Tejo, Rio delle Tagus: inserito in un quartiere dal designer moderno, essenziale, bene organizzato, dove i giovani fino a tarda sera si allenano sui dignitosi campi di calcio di erba sintetica. Sono varie le escursioni a piedi, in autobus e metrò per la città.
Ho ammirato e mi sono soffermata nei meravigliosi nuovi quartieri, tutti diversi: dove i vari linguaggi dell’architettura moderna si sono espressi nella loro essenzialità.





Dopo due giornate meravigliose trascorse in questa città, il terzo giorno sono partita che era ancora buio ed ho preso il metrò nella bellissima stazione di Olaias, le cui enormi colonne ricordano le ciminiere delle navi. Sembra di essere in una mostra d’arte permanente dove le sculture di luce dai colori caldi ti fanno sentire in uno spazio prezioso, ricco e magico.
Fa parte della linea rossa costruita nel 1998 per collegare la stazione di Alameda al polo espositivo di Expo ’98.  Arrivata, dopo alcune fermate e cambio di linea alla stazione di San Sebastiane, al giardino zoologico. Grazie a delle indicazioni di persone deliziose e gentili, trovo il centro bus di Lisbona. Acquisto il biglietto, prendo l’autobus per Fatima.
Attraversata la periferia di Lisbona, si staglia all’orizzonte il mare che ci accompagna per parecchi chilometri, poi ci si immerge in una natura sempre più rigogliosa.
Arrivata a Fatima, vado all’ufficio informazioni, metto il “sello” e, alla richiesta di trovare un hotel per la notte, la risposta è che non c’erano problemi per i peregrini che qui sono bene accolti. La signora, gentile mi ha assegnato a un albergue dietro la chiesa grande.
Meditando sul mondo e scrivendo preghiere e promesse alla Madonna per la pace nel mondo ho trascorso una giornata tra le più intense della mia vita: svolta nel grande piazzale, dalla piccola chiesetta aperta, formata da una porziuncola di 3 metri per 2 , coperta da un piccolo porticato aperto su un lato, fatto di ferro, vetro, legno, dove ho assistito alle messe. 
Non mi sembra vero di essere qui, a 100 anni dalle apparizioni.
Dopo avere preso due grossi ceri, li ho fatti benedire e accesi in un enorme braciere di pace per la Madonna: come richiesto dai miei colleghi ed amici di lavoro. Ho pregato e scritto delle sagge preghiere di pace, mentre un piccolo uccellino, delicato e gentile, ha assistito alle messe.
In tanti percorrono i duecento metri in ginocchio per arrivare all’area dell’apparizione dove, in una piccola teca di vetro viene custodita, la statua della Madonna di Fatima, Madonna della pace.
Dal piazzale grande si accede, tramite scalinate e rampa, alla chiesa principale che si apre in modo da abbracciare la gente che costantemente, come un flusso sanguigno, vi si reca. Qui sono sepolti Lucia Dos Santos e i fratelli Francisco e Jacinta Marto.

Fatima, due maggio. Assistito alle messe, in portoghese, inglese, tedesco, francese, spagnolo.

a tutti gli artisti perché portino un futuro migliore
a tutti i giornalisti, pubblicitari, intellettuali,
che facciano il loro lavoro con saggezza,
alla  medicina, alla  ricerca,  alla cultura perché
                                 abbraccino l’universo intero

Prego con te per la pace
Prego con te per la saggezza dei popoli,
                     per la solidarietà, l’amore,
la vita in ogni sua espressione
nella via lattea e in tutti gli Universi

da un’umile peregrina

affinchè l’uomo da cera torni ad “essere”,
con umile amore
ti porto queste piccole e semplici parole per
M. e la sua famiglia che ha già sofferto
M. che condivide con me il progetto della speranza
                                        per lei e le nostre famiglie



B.  e alle sue mani miracolose, a lei e a tutti
                                                          i suoi familiari
tutte le famiglie e persone di questo meraviglioso
                             mondo in cui abbiamo ciascuno,
                             parte delle nostre radici
C. che ha molto sofferto nell’ultimo anno e a tutti
i lavoratori di questo mondo: per una condivisione
e partecipazione
tutti i politici affinché diventino più illuminati

Ho chiesto che non mi dia le ali,
altrimenti mi metto a volare.
È apparsa la luna.

Sul grande piazzale si affaccia il museo della donazione dove sono esposte le offerte alla Madonna, la corona della pace e viene proiettata e narrata la storia di Lucia, Francisco e Jacinta, nel contesto delle apparizioni.
Visito anche l’enorme salone delle riunioni e preghiere e gli spazi interrati per le confessioni, le messe e gli incontri. Tutto è in fermento all’intorno per la visita imminente del Papa.
Alla sera, come sempre in questo anno speciale, c’è la processione, con canti coinvolgenti sino a notte fonda.
Dormito in albergue del pellegrino di Fatima, in una modesta stanza con tre letti, con una ragazza di Lubiana che ha il ragazzo che studia con Erasmus a Coimbra, città universitaria principale del Portogallo, e una coreana che ha passato tutta la notte a guardare film d’amore al cellulare. Yelena, Bella ragazza, alta con i capelli lunghi rossicci, sui 23 anni, vive tra Portogallo e Spagna, fa i “cammini” e sopravvive vendendo alcune cose che fa con le sue mani, sempre alla ricerca di se stessa.
Grazie del grande abbraccio, Fatima.
La mattina, di buon’ora lascio l’albergue, “buen camino”, saluto le amiche Yelena e la coreana dal nome impronunciabile, passo vicino alla chiesa, gremita di canti e persone, scendo la scalinata, attraverso il grande piazzale e la chiesa delle apparizioni, dove saluto la Madonna e mi incammino verso la stazione degli autobus. Acquisto il biglietto per Oporto, faccio colazione e parto.
Attraversata la bella Coimbra, dopo un lungo viaggio arrivo a Oporto.  Scesa dall’autobus ho preso il metrò direzione “casa da musica”, un breve tratto di strada ed ecco la stazione di autobus internazionale.
In attesa dell’autobus per Tuj ho parlato con due europei che abitano in Messico. Stanno facendo un giro per l’Europa della durata di una settimana: Madrid, Lisbona, Fatima Oporto, Santiago, zona Basca. Mi dicono che in Messico ci sono moltissimi italiani che hanno aperto dei buoni ristoranti. 
Dopo due ore di attesa e dopo avere preso il biglietto, salgo sull’autobus internazionale per Tuj. Riattraversata la grandiosa, ordinata, pulita Oporto, l’autobus passa per l’aeroporto locale, ristrutturato di recente, bellissimo con le sue linee architettoniche di alta ingegneria moderna.
Arrivata a Tuj, dopo aver passato il fiume Mino dal ponte in ferro, raggiunta a piedi la Cattedrale di Santa Maria che sta sul colle, ho messo il sello, sulla carta del peregrino, all’ufficio informazioni, dove mi hanno indicato l’ Ostello in centro alla cittadina.
Qui fa veramente tanto caldo.

Come faceva freddo a Lisbona qui ora fa caldo…caldo e si mangia dopo le nove di sera, quindi mi siedo nella piazza principale già gremita di persone che prendono l’aperitivo e mangio un panino. Mi guardo attorno ed osservo tanta bellezza, conosco tre italiani di Firenze e del lago di Garda, loro sono nell’ostello dietro la cattedrale.
La camera, al secondo piano è piccola con due letti a castello, la occupiamo in due persone, io ed un’australiana di Sidney: molto alta, giovane, con i capelli biondi lunghi, sembra una top model. Lavora come ginecologa e fa il cammino “portoghese” da sola.
In questo ostello parlano italiano, cosa molto rara in queste zone.
L’indomani, di buon’ora mi incammino verso O’Porrino, paese modesto, metto il sello nel primo bar che trovo e continuo verso Redondela dove l’ufficio informazioni ha una bella sede ma non ha la mappa del paese e non risponde alle domande che pongo.
Dopo essermi riposata in ostello, riparto di buon’ora per Pontevedra, raggiungo il piccolo, bellissimo e importante centro storico, metto il sello, passo dall’ufficio informazioni che qui funziona, vicino al mercato della verdura.

Dormo in un albergo nuovo, dove finalmente ho la mia stanza con bagno, vicino a quello ufficiale che è poco distante dalla stazione degli autobus e dei treni. A distinguere questo albergue è una statua di legno a dimensione di pellegrino. Nel piano interrato si mangia del buon pesce.
L’indomani, la meta Caldas de Rej e Padron, poche e sbiadite sono le segnalazioni.
Continuo il cammino e giungo alla periferia di Santiago, ho riposato un attimo per poi raggiungere il centro storico e mettere il sello.
Non pensavo che avendo così tanto tempo a disposizione il “tempo” si dilatasse in modo così percettibile.
Mi dirigo verso piazza de Galizia, e prendo una via che porta al centro storico. Prima mi soffermo all’ufficio informazioni, dove trovo una ragazza di origine marocchina che conosce l’italiano, finalmente.
Mi ha prenotato una stanza all’hotel Alameda, prospicente un grande e bellissimo parco che porta lo stesso nome, una zona paradisiaca per scrivere e meditare. La ragazza porta il velo, come lo portavano la mia nonna e mia madre quando andavamo in chiesa; quindi non è che le cose siano poi cambiate così tanto, ho fatto in tempo a metterlo anch’io quando ero piccola. Ora siamo senza confini, largo ai giovani di qualsiasi nazione essi siano.
L’indomani mi reco a prendere la meritata e sudata compostela, faccio un bello scivolone causa la pioggerellina sulla stradina in porfido con forte pendenza. Assisto alla messa di mezzogiorno per i peregrini al Santuario, dove posso meditare. In questo fine settimana Santiago è insolitamente deserta rispetto al solito: forse perché il Papa per il tredici del mese è a Fatima, ma questa è anche la Settimana Santa.
Arrivata, in anticipo sul programma a Santiago, oggi percorro la strada che dal centro di Compostela, scende per poi risalire verso la “citade de la cultura”, ripenso a quest’esempio di architettura unico nel suo genere. Rischiando di sbagliare strada più volte, sono stata tentata di risalire la collina dai boschi appena piantati, dotati di percorsi interessanti, ma indefiniti.
Mentre cammino ripenso alla città globale alternativa dove l’armonia dello sviluppo sostenibile e la mobilità rispondono alla sfida globale. Cultura, istruzione, patrimonio, sviluppo economico, dialogo e solidarietà, sono le matrici per proiettarci nel futuro.
Qui il paesaggio esprime la poesia che dialoga con le strutture e la natura artificiale.
Edifici incisi nella montagna per dare senso al colore, alla forma della materialità; “Monoliti” (naturali) apparenti che si stagliano sui nuovi orizzonti. Qui le pietre perdono il ferro di cui sono impregnate, quindi la citade è un po’ scura tranne nelle parti già oggetto di restauro. Studenti, famiglie, ciclisti, podisti, persone che portano a spasso i cani, ne fanno la loro meta nei fine settimana.
Il cuore pulsante qui, oggi, è la biblioteca ed il museo. Speriamo che piano piano prenda sempre più vita. Comunque troppo spesso un grande silenzio invade questi spazi, solo le ranocchie gracidano mentre i bambini corrono all’area dei giochi, arrivando dai boschi del parco.
Ho visitato il museo con una mostra dedicata agli alberi. In Galizia questo tema è particolarmente studiato e sentito.
Passo dallo spazio Off per ricaricare la macchina fotografica e poi vado al bar ristorante.
Mentre sono quasi alla fine del meritato pranzo, arriva un ciclista tutto elegante su una bicicletta “Bianchi” che ripone con cura, poi va al bar e prende una birra, si toglie il casco da ciclista, libera i capelli neri e mostra tutta la sua bellezza; ripone il casco sulla bicicletta, toglie dal tavolino esterno i bicchieri utilizzati da una madre con due figli piccoli.
Prende con cura, dalla tasca dietro, il cellulare, compone un numero, parla con calma e lo ripone.
La tuta da ciclista è in tinta con la bici nera: tutta nera con inserti blu.
Dopo cinque minuti appare una ragazza bionda, carina, sorridente, che ha qualche anno in più, va al bar a prendere una birra e poi si siede accanto a lui. Si scambiano dei messaggi, poi passano alle carezze ed al bacio. Lui va al bar a prendere altre due birre e torna da lei: bellissimo ragazzo.
Pago il pranzo, mi incammino, faccio le foto intorno alla citade da cultura e imbocco la discesa, verso Compostela. Alla fine della discesa, passa con la bici veloce, vicino, il ragazzo dai capelli neri: sembra felice, poi scompare in lontananza.
Continuo il mio percorso e soprattutto la mia risalita verso il centro città di Compostela, accompagnata da tanti deja vù avuti: ad ognuno il proprio compagno.

Il sole, nel tempo, brilla sulle pietre preziose della Galizia
e scintilla dopo scintilla accende i cuori di coloro
che vi transitano

Continuando sempre a piedi, passo vicino ad un edificio “praticamente vuoto” per divertimenti, che si trova lungo la strada, risalgo con fatica la collina che conduce al centro storico, fra turisti e persone del luogo.
Rientrando dal centro storico, all’albergo, mi soffermo al parco di Alameda, mi riposo un po’, fra le panchine con le iscrizioni di poeti che guardano alla imponente cattedrale. Tra citazioni di Ramon Maria del Valle, Federico Garcia Lorca e Dante, mi sento grande.

La lampara maravillosa di Ramon Maria del Valle In clan “Rosa mistica de Piedra, flor romanica y tosca, como è nel tempo de las peregrinaciones conserva una gracia ingenua de vijejo Latin rimanda”

“CHOVE EN SANTIAGO
MEU DOCE AMOR
CAMELIA BRANCA DO AR
BRILA ENTEBRECIDA O SOL”
(MADRIGAL A CIBDA’ DE SANTIAGO)
                FEDERICO GARCIA LORCA

Santiago con le sue pietre piene di stelle illumina i soli, brillano i giorni e le vite in questa città di cultura. Le camelie bianche e rosse segnano i dolci amori di questa città.

Pero EN VERDADE CHAMANSE

Peregrinos en canto vanà casa de Galicia
porque a sepoltura de Santiago FLXOSE MAIS
LONXE DA SUA PATRIA
QUE A DE NINGUN OUTRO APOSTOLO

(vita nuova – Dante Alighieri)

Tra queste panchine dedicate a grandissimi poeti, con questa vista meravigliosa mi sento a casa.
La città di Compostela si anima verso le dieci di mattina. Mi incammino verso le viuzze del centro, incontro centinaia di ragazzini in uniforme scolastica, che stanno manifestando.
Raggiunta la maestosa cattedrale faccio visita a Jacopo, quando l’intenso profumo di incenso invade la cattedrale come un velo di nebbia che veste i pellegrini.
Nel tardo pomeriggio mi reco alla festa del libro che si tiene nel Parco Central da Alameda Santiago de Compostela e assisto ad una interessante presentazione di un libro, con altre trenta persone.
Presenta Mayo Irani: “la primavera persa” di Valentin Carrera di Leon, esile, dalla voce possente indica la strada dell’integrazione, spiega i confini senza barriere, le ragioni dell’essere, le ragioni della ricerca, le ragioni della poesia, le ragioni del mondo.
Alla luce dei fatti che succederanno prima dell’estate del 2017 in Iran si capisce quanto quella scrittrice ed una mia carissima amica che ha partecipato recentemente ad un congresso di medicina vicino a Persepoli, abbiano ragione. Mi raccontava che i medici siriani sono molto bravi, ma che hanno pochi mezzi per lavorare: la gente compra i pezzi e i materiali che servono per l’operazione.
Questa gente non ha barriere culturali, come noi occidentali possiamo pensare, ma è gente normale che parla di quotidianità e che si informa per migliorare la situazione precaria di qualche familiare. Sono dignitosi, colti, istruiti, preparati ma l’oscurantismo li ha ritardati materialmente.
Comunque tutti i paesi del mondo stanno facendo i conti con una globalizzazione veloce ed invasiva e con degli scenari che man mano svelano le proprie trame, impreparati a quest’onda pure prevista, aspettata, non rinviabile, ed enorme come non mai prima.
La Pace solidale, non è così scontata, anzi. La pace va rispolverata e mantenuta in tutte le sue sfaccettature. I diritti dell’uomo vanno riconosciuti. Le distorsioni nel potere nella politica, non tenere conto dei parametri, dei dati scientifici dei livelli di attenzione, delle persone può creare sofferenze e spaccature sociali profonde in tutto il mondo.
Che il mondo debba tornare cosmopolita è necessario perché viviamo sullo stesso pianeta e condividiamo gli stessi spazi.
Bella la presentazione della scrittrice, noiosa quella dei correlatori.
Poi, cercando il libro “esaurito”, ne spunta una copia con dedica. Indimenticabile serata: è sempre un piacere conoscere giovani scrittori dal forte spessore etico-sociale. Ricordiamoci che il voto alcuni lo hanno conquistato poco prima della seconda guerra mondiale, le donne dopo la seconda guerra mondiale. Non è passato molto tempo, ma qualcuno lo ha dimenticato.
Il corpo dell’uomo, della terra, spazi di relazione, memorie, investimenti che vanno corretti, migliorati e organizzati in ogni momento, collettivamente, per la sopravvivenza di tutti.
Non ci possiamo più permettere guerre, immigrazioni incontrollate, emissioni suicide.
Il ripudio di ogni guerra, il considerare la guerra come controllo e come un’esperienza, non possiamo più permettercelo.
Parlando degli scenari strategici Americani che non hanno nulla da invidiare a quelli dell’impero Romano, si è arrivati alla conclusione che non c’è nulla di casuale e idilliaco, ma tutto ciò che succede è guidato negli interessi di una parte che gioca sullo scacchiere mondiale con strategie oscure ai più e non sempre democratiche.
Questo è un modo di approfondire ciò che succede intorno a noi, di vedere la storia come uno studio anche dell’economia globale. Basta chiedersi “perché”.








10.05.2017


Sveglia ore cinque, uscita dall’albergo, alle cinque e trentacinque, direzione a piedi Plaza de Galicia, autobus per aeroporto ore sei.
La città è deserta sotto una leggera pioggerellina, poi si anima e ognuno inizia le proprie attività. I taxi, numerosi attendono le persone, poi arriva il pullman per l’aeroporto che si riempie di pellegrini, un ampio giro per la città, arrivo all’aeroporto alle sei e quaranta minuti.

Nell’attesa di partire per Madrid
una meraviglia di pensieri mi assalgono.
tanti amici da sentire
tanti progetti da realizzare
tanto lavoro da fare
In transito tanta gente
tanti paesi
tanti uomini

con le loro valige
con i loro sogni
con le loro speranze

ognuno con il proprio cellulare, da cui non separarsi mai e che oggi fa parte dell’identità delle persone.
Legati alle mani dal filo sottile dell’attenzione, occupano la scena, finchè distratti si va a sbattere.

Arrivata molto prima del volo, in quanto avevo ricevuto un sms da Iberia, di arrivare prima perché l’Italia aveva chiuso le frontiere.
Questo mette a disagio le persone, come lo è stata la chiusura della frontiera del Portogallo, per l’arrivo del Papa (che tanto aveva fatto arrabbiare la Spagna), adesso quelle Italiane per il G7.

Tanta paura, per niente.
Fatto il check-in, aspetto


voli per Barcellona
voli per Londres-GW
voli per Londra – ST
voli per Ginevra
voli per Madrid
voli per BG
voli per Dublino
voli per Amsterdam
voli per Bilbao

Non ero molto soddisfatta, come l’anno scorso per il cammino francese, del cammino portoghese, ma tutto sommato il fisico aveva tenuto, la gonalgia al ginocchio sinistro non ha rallentato il cammino.  
Assisto ad una scena che ha dell’incredibile: una giovane marocchina, con i suoi lunghi capelli neri, il suo velo d’ambra, imbarca il padre anziano che sta su di una sedia a rotelle.
Al check-in gli addetti, sospettosi, gli fanno togliere il cappotto pesante che esaminano minuziosamente, come fanno con i bagagli. Ottenuto l’imbarco, padre e figlia si recano negli appositi spazi di attesa, privilegiati per i portatori di Handicap, volo per Amsterdam.
Di lì a poco arriva una ragazza olandese, carina con i lunghissimi capelli d’angelo dorati, di corporatura esile ma molto alta, dai dolci e misurati lineamenti, arriva, accompagnata da una Hostess, seduta su una sedia a rotelle per una distorsione riportata ad un piede lungo il difficile e impervio cammino francese.
Coetanea della ragazza marocchina, entrambe con l’inseparabile smarthphone di ultima generazione, si scambiano idee, esperienze, indirizzi e numero telefonico.
Grandiosi e senza muri artificiosi, i giovani di questi tempi difficili sono aperti alla conoscenza e soprattutto viaggiano molto.
La ragazza olandese fa colazione, si alza, prende le stampelle e va a prendersi una bottiglietta d’acqua e con i suoi capelli d’oro illumina l’aeroporto.
Inizia l’imbarco e loro sono le prime a salire. Buon viaggio.




Viaggiare per conoscere, incontrare,
riempire vuoti,
ricercare se stessi e gli altri
un sorriso
tanti sorrisi
un caleidoscopio
della vita

Finalmente una signora mi chiede se vado a Milano e lì inizia a raccontarmi la sua vita.
Imelda, della Val Trompia, minuta di fisico, 74 anni, due figli laureati, aveva fatto più del doppio dei miei chilometri ma nel triplo del mio tempo, aveva un fastidioso male intercostale dovuto ad un movimento brusco. Imelda ha lasciato il proprio zaino, troppo pesante, nel settore valige e i propri inseparabili bastoni al settore speciale (bagagli) dell’aeroporto. Imelda racconta di avere fatto praticamente tutti i cammini compresa la via Francigena in Italia. Aveva iniziato a fare i cammini 12 anni prima, dopo avere assistito per anni sua madre, che le aveva lasciato una eredità che si era ripromessa di usare nei cammini durante le primavere e nei percorsi in bicicletta (Roma, Napoli, ecc...) negli autunni a venire.
Imelda racconta che tutti la aiutavano e mai si è persa o scoraggiata. Ogni tanto mangia un pezzetto di pane, accuratamente avvolto in un panno, un pezzo di mela e racconta che alla mattina prima di fare colazione, un’ora prima beve, diluito in acqua, il succo di due limoni (questo aiuta le ossa). Vegetariana per scelta ogni tanto si fuma una sigaretta. Donna aperta, dal fisico eccezionale.
Si parte poi per Madrid dove, dopo un’attesa di un’ora, prendiamo il volo per Milano - Malpensa.
Sopra le nuvole guardo la piccola terra che ospita questo fragile uomo che l’ha incisa – in nome del sopravvivere e per l’illusione di vivere meglio.
Segni che man mano che l’aereo sale spariscono alla vista. Dopo avere applaudito il pilota per il bellissimo atterraggio ed avere recuperato gli zaini, decidiamo di prendere il poco segnalato ed indicato treno per la stazione centrale. Scese al piano meno uno dell’aeroporto, facciamo i biglietti, lei per Brescia io per Peschiera del Garda.


Poi scendiamo ulteriormente di livello e saliamo sul treno che dopo un’ora, tantissime fermate e il passaggio in aree degradate di Milano, arriva in Stazione Centrale. Da qui aspettiamo un po’ e prendiamo il treno per Venezia, parlando ciascuna delle proprie esperienze:

Imelda
“una vita dedicata ai figli, al marito, ai nipoti, alla mamma, poi la  
         ricerca di se stessa, affidata a due bastoni personalizzati di legno
         di nocciolo che la accompagnano durante i cammini nel mondo:  
         inseparabili le indicano la via

Quando il treno arriva alla stazione di Brescia, è il momento dei saluti degli abbracci e delle raccomandazioni.

L’amicizia è una gemma preziosa
che brilla alla luce del sole
e della luna
donando il massimo di sé
arricchisce la persona
che la riceve

mentre io scendo alla fermata successiva.









                                                               Umberto Boccioni – La città sorge -



Straverona 2017 numero 1436
domenica 21.05.2017


Alzata prestissimo, messo l’essenziale si parte in macchina, direzione Verona.  Arrivo ai parcheggi dello stadio di Verona, che stanno vicino ad un grande accampamento di zingari, prendo la navetta autobus, non noto la ressa degli anni scorsi, arrivo in centro a Verona, passando dalla stazione.
Dopo avere inviato vari messaggi alle amiche, mi incontro con Lina davanti alla pizzeria Olivo in piazza Arena, mentre Paola non è potuta venire: amiche, compagne di gioco sui campi della serie A di calcio femminile. 
Dopo una lauta colazione, entriamo nel palazzo della Gran Guardia dove ci iscriviamo alla Straverona, prendo una maglietta e i numeri da mettere sul petto. Pare ci sia meno gente del solito e non c’è la bellissima parata sopra l’orologio di Piazza Brà.
Colpo dell’immancabile cannone e si parte, tra i bambini che trainano i genitori, tra la gente che porta tra le braccia il cane di famiglia che non ce la fa più, tra scenari unici, le vie della città densa di storia.  Costeggiamo il fiume Adige per rientrare poi dal ponte vecchio, meraviglioso. Dopo una breve sosta rifocillativa si riparte per le altre vie storiche che hanno accompagnato da sempre la nostra vita, fino a tornare tra le strette vie nella suggestiva piazza Arena. Quest’anno abbiamo scelto il percorso breve perché l’abbiamo presa come una bellissima passeggiata tranquilla.








OPERAZIONE DI CHIRURGIA PLASTICA

C’è un filo sottile (che ironia in questo caso) che lega il chirurgo al paziente ed è quello della solidarietà. Nell’operazione di chirurgia plastica inoltre c’era una professionalità elevata del chirurgo che doveva ricostruire la parte destra del mio volto compromessa da un grosso neurinoma dell’acustico.
Quindi sopravvissuta a quell’operazione e ad una embolia polmonare successiva, grazie all’alta professionalità della neurochirurgia, affrontata un’operazione alla palpebra destra, ora bisogna riassestare il volto, a distanza di quattro anni dal primo intervento ed un anno dal secondo intervento.
Dopo una notte insonne dovuta al riacutizzarsi del male al ginocchio sinistro, mi hanno accompagnato in ospedale per un intervento di chirurgia plastica statica alla bocca per compensare la mancanza del VII e VIII nervo cranico. Questa scelta è stata fatta per non mettere più a forte disagio le persone che quando ti guardano ti vedono diversa. Insomma per evitare pietismi, incomprensioni, ricordi.
Pare che il volto per una persona sia una cosa fondamentale e primaria: non per me.
Guardando dalla finestra dell’ospedale osservo le rovine delle fortificazioni dell’800, inglobate nell’area della struttura ospedaliera, di una nuova casa di riposo, di alloggi, immaginando la follia degli scenari di guerra di allora.
Dalla stanza osservo la costruzione a semicerchio, con le sale da visita al piano primo e la sala mortuaria al piano terra, antistante i depositi dei rifiuti dell’ospedale: questo a rammentare il percorso della vita.
Dopo l’operazione torno molto sofferente in camera, pentita di avere scelto di fare l’intervento. Comunque, tutte le donne che si sono rifatte, hanno da oggi la mia considerazione.
Bella la novità della sala operatoria grande con le luci scialitiche, le termocoperte che ti scaldano, il tapirulan che ti trasla da un letto d’ospedale a quello della sala operatoria. Mentre con il metodo di addormentare con la maschera d’ossigeno che ti lascia senza respiro, mi ha ricordato, quando diciottenne, durante una partita a Milano, avevo preso un calcio allo stomaco e mi era mancato il respiro per quattro minuti: sembra di morire.
Ma torniamo all’operazione che è durata circa quattro ore e mezza, mi sono risvegliata tremando come ali di farfalla e piano piano ho cominciato a focalizzare gli oggetti, mi veniva da vomitare, ma grazie ad un fantastico farmaco tutto è rientrato.
Una notte davanti da dimenticare in fretta, il giorno dopo uguale.
Sentivo che il mio volto, inciso, era tondo come la luna piena e che ci sarebbe voluto molto tempo prima di essere ragionevolmente guardata.
La stanza porta due letti, di nuova costruzione, ha la parete finestrata che dà sulle camere mortuarie e sulla zona di raccolta rifiuti ospedalieri.
La prima notte, dopo l’intervento, non riuscivo a dormire, quando verso le 3:30 viene ricoverata una rumena (che non sembrava tale) di nome Ina, che sentendosi Mandrake (come lei sosteneva) si era arrampicata con l’aiuto di una scala sul tetto della ex stalla, ora adibita a garage, per tamponare con una rete le finestre al fine di interdire il passaggio ai piccioni.
Armata di chiodi e martello, aveva finito il lavoro, quando nel rimirare il ben fatto, si è dimenticata della scala ed è precipitata a terra da una altezza di sei metri, vicino a delle taglienti lamiere di ferro.
Caduta in piedi, rialzatasi, era riuscita a raggiungere la casa lamentandosi per un dolore alla gamba. Raggiunta dopo quattro ore dalle amiche, racconta con orgoglio quanto successo poco prima.
Viste le sue condizioni, le amiche preoccupate la convincono ad andare in ospedale a fare un controllo al pronto soccorso più vicino: risultato due costole rotte di cui una ha perforato un polmone, bacino e femore rotto.
Ina sì che ha una soglia del dolore elevata.
Proveniente dalla Romania, ha sposato un contadino delle campagne veronesi, di sedici anni più anziano di lei, senza figli, lei sessantaquattro anni di bell’aspetto, capelli lunghi intraprendente e fortunata, integrata.
Se non me lo diceva lei che trentacinque anni fa abitava in Romania, non l’avrei capito. Sa il dialetto meglio di me. Così è trascorsa la notte, il giorno dopo le hanno drenato un polmone e fatto la RSM e la TAC.
A tutte le persone che incontrava raccontava con orgoglio quello che aveva fatto.
Quando mi hanno dimesso, il terzo giorno, mi ha dato il suo numero di telefono di casa rimarcando il fatto di quanto la vita fosse strana e che ci ha fatto incontrare doloranti in quella stanza. Ciao Ina a risentirci.
Poi il ritorno a casa e il lento recupero.








LE AMICHE

Mentre Lia stava riflettendo tra sé e sé sulle fondamentali questioni della vita e della sopravvivenza, Giorgia scriveva una lettera all’amico e collega Ismail Mostafa in Egitto, dove la situazione non sembra tra le migliori oggi, ma dove la speranza deve prevalere sempre.
Trascorrono due mesi e finalmente una meravigliosa e meritata serata al teatro romano della città di Verona.
Dopo avere attraversato a piedi mezza città si arriva al ponte di pietra. Maestoso si svela il teatro romano che domina la città ed abbraccia il palco, le luci e l’atmosfera durante il cammino ci riempiono di energia come linfa.
Attendiamo l’altro gruppo di due amiche e finalmente entriamo, tra le pietre parlanti, impregnate di storie, ci sediamo vicino al palco, scambiamo qualche esperienza.
Ci accomuna la passione del teatro, che dalla notte dei tempi è nato in queste strutture di pietra lavorate ad arte, così perfette, monolitiche, così integrate nel paesaggio, così propositive già come struttura, a rappresentare linguaggi ricchi di significati culturali.
Tra il vocio di tanta gente lo spettacolo inizia, si spengono le luci, in un contenitore illuminato di luce propria i personaggi percorrono divertenti storie quotidiane d’altri tempi.
Un ammasso dolce di sensazioni dirompenti ci assalgono.
Ritmo, ironia, prosa, inondano il pubblico quando le vele si alzano ed il viaggio ha inizio.


FLUSSI DI PAROLE
CANTI DANZE
RICCHEZZE ALLE FONTI IRREQUIETE
IN RIVA ALL’ADIGE
ANIMANO LA CITTA’ DALLE CALDE PIETRE
QUANDO ABBRACCIANO IL PALCO
DALL’INTENSA STORIA
ED E’
“TEATRO ROMANO”
18.07.2017

 All’uscita percorriamo il ponte di pietra, che attraversa l’impetuoso Adige e ci fermiamo a bere un calice di vino ed acqua in un ristorante lì vicino.
Si fa notte inoltrata, parliamo di musica e di teatro.
Poi, tardi ci salutiamo e ognuna torna alla vita reale di tutti i giorni.
Quattro anni fa, quando accadde quello che doveva succedere (diagnosi tumore), mi sono riappropriata piano piano della mia vita trovando tanta forza per affrontare il fato.
Le mie passioni sono diventate cogenti come le spighe per il grano: lo scrivere, il viaggiare, il camminare, il passare del tempo con le amiche, l’impegno costante.
Dare sostanza alla vita è importante, credere ai propri sogni e realizzare i propri progetti anche per gli altri è la cosa principale della giornata: del quotidiano TIC TAC è lo scorrere del tempo che con la coscienza del dopo valuti in tutti i suoi dettagli.
Ho inserito il filo d’Arianna, ho lasciato i luoghi e le certezze che fino ad allora davano quell’effimera sicurezza del vivere quotidiano, esplorandone i confini, sconfinando alla ricerca del sé, dell’altro e del sociale.
Ho rivisto le letture della storia, che ci avevano insegnato sui banchi di scuola, completandole con i parametri socio-economici, strategici dominanti.
I quadri preoccupanti della verità che è emersa sono per l’impegno attivo, la partecipazione per un risveglio sociale solidale, ambientale responsabile.
Concetti che davo come scontati, ma che così non sono: lo insegna la storia. I poteri forti come il consumismo sfrenato, le paure sociali, le pubblicità invadenti, i controlli continui e persecutori hanno portato, come non mai, a essere succubi a non essere se stessi, ma altro.
Quindi la mia vita di oggi è piena, cosciente e non lascia più sfuggire nessun dettaglio e voglio vivere ogni momento.
Diventare coscienti che il domani potrebbe non esserci, ti rende partecipe dell’adesso e del senso di vivere, vivere sempre.








Martedì 1° agosto

Carlo Carrà – I nuotatori -
                                              

Sono le 3:45 del mattino, mi alzo, mi vesto e parto per la spiaggia delle Muse a Sirmione, vicino all’abitazione del grande poeta Catullo. Parcheggiata l’auto sul lungolago, mi incammino verso il ponte vicino al castello.
Alle cinque del mattino è ancora buio ed è bello vedere Sirmione deserta in questo periodo: ma solo perché è ancora notte.
Incontro delle persone che stanno confluendo alla spiaggia delle muse per ammirare l’alba sul lago accompagnata oggi dal rock italiano anni’70. Nessuna amica è stata disponibile a venire a vedere lo spettacolo: chi per lavoro, chi per pigrizia.
Se era qualche anno fa non l’avrei mai presa in considerazione nemmeno io. Il tempo fantastico, il luogo meraviglioso.
Ho scattato tante foto che ho inviato alle amiche impegnate e/o pigre. Quest’area è magica, dominata dal vulcano del monte Baldo, in profondità al lago ancora zona attiva.
Mi ricordo quando avevo cinque anni e mi alzavo alle quattro per andare a caccia con il mio papà. Ero alta come l’erba nei prati ma mi sentivo un gigante. Il sapore dell’erba umida, gli odori, il passo deciso, il ripetuto fischiare, il lavoro incessante dei cani da caccia, lo sparo e la cacciagione conquistata con fatica.
Mi alzavo alle cinque di mattina, quando, diciottenne, facevo pratica in uno studio d’architetto di Desenzano del Garda.
Ho abitato lì per un’estate intera ed ho preso le usanze dei residenti: alzata presto all’aurora, passeggiata sul lungolago, colazione e poi al lavoro dopo aver gustato l’alba con i suoi riverberi sull’acqua.
E la sera, dopo il piacevole lavoro, passeggiata sul lungolago, spesso mosso, ad ammirare il tramonto, in compagnia di un’amica.
Ricordi ancora vivi nella mia mente.


Il rumore dell’acqua
il profumo sulfureo profondo

gigante il Baldo
domina il lago

i colori dell’aurora
che si stemperano piano piano in luce

mitigano le stelle

L’alba si fa forte e prevale con i suoi riverberi, sulle calme acque i gabbiani si attivano e volano sulle onde. Dalla rupe Catullo osserva i bagliori che riflettono come diamanti “la via lattea”.
Un tam-tam accompagna il cammino alla spiaggia delle muse, incantati i passi si mescolano al rinfrangere dell’acqua come un respiro profondo che viene dalla profondità del vulcano irrequieto nella profondità, ma dormiente in superficie.
La voce del lago, forte e continua, accompagna le musiche degli anni settanta mentre si fa giorno pieno. Finito il concerto faccio il giro panoramico della penisola ed ammiro e respiro la natura.
Il gusto degli uomini pigri che si animano, come gli animali, alle prime luci del giorno.
Sento i vocii lontani, dei primi uomini che qui si insediarono sulle palafitte che circondavano la penisola, la cultura portata dai romani e dagli altri popoli che come me hanno vissuto e lasciato le loro tracce in questi meravigliosi luoghi.



Mi hanno chiesto di andare in Turchia a fine agosto.
Con grossa sofferenza ho dovuto dire di no per motivi di lavoro. Però con la mente sono tornata al viaggio fatto nel 1977 nel mese di luglio ad Instambul, ero incinta da circa un mese ma non lo sapevo.
Partiti, la prima notte abbiamo dormito in auto con, sullo sfondo, uno splendido paesaggio e le luci della città di Dubrovnik.
Un’alba fantastica, la strada trafficatissima e dissestata: sono moltissimi i turchi che lavorano in Germania e che fanno avanti e indietro durante l’anno dalla Turchia.
Grande e meravigliosa la città di Istanbul, ci siamo accampati in un campeggio al limite della città che poi abbiamo visitato con grande intensità.
Bellissima la vista sul Bosforo, il ponte che collega due mondi, la storia che abbiamo condiviso. Intenso il traffico dei veicoli in città, sembrava di essere a Napoli, poche le auto che osservano i semafori e gli stop, grande anche l’avanti e indietro delle navi, un sentire e un palpitare continuo.
Tornarci sarebbe stato grande, nel sogno sarei andata oltre il tempo, oltre il Bosforo a visitare la tomba del fratello di Catullo. Tutta la parte ad Oriente: gli incantevoli laghi e la costa densa di storia.
Una città poliedrica, unica, con il prezioso Topkapi, i minareti le grandiose moschee e la sua essenza di sentinella.

Istanbul
Scintillano i suoi tesori
rubini, smeraldi, diamanti,
gemme preziose
rispecchiandosi nelle irrequiete acque
MINARETI, SUK
COLORI E ICONE D’ORIENTE

presenze dell’umanità 

Metamorfosi di linguaggi dove natura e civiltà si fondono in sfaccettature poliedriche. Qui si percepiscono le presenze dell’umanità, segni e particolari, grandiosità e ricchezza in un crescendo di popoli, di culture diverse che si incontrano e creano meravigliose realtà.  

Sul fare della sera di mezzo agosto, dopo avere parcheggiato l’auto vicino al parco giardino “Sigurtà” dove nella serata doveva tenersi un concerto. Mentre aspettavo l’arrivo di alcune amiche ho ascoltato, il pre-concerto in cui il coro e gli artisti provavano le voci e gli strumenti.
Poi, per insolito destino sono dovuta andare a recuperare le amiche che erano rimaste a piedi.
Mai arrendersi.
Dopo una cena deliziosa abbiamo assistito a un bellissimo concerto.

Spoglio si mostra il giardino a fine inverno poi piano piano si veste di vari colori dal verde al rosso per culminare ad aprile con un’esplosione di colori, i tulipani. Le coloriture proseguono con i giacinti, le dalie, le rose, le ninfee. Il bosco all’intorno fa l’inchino al passaggio dei visitatori e partecipa al tripudio d’esplosione dei mille colori dalle sfumature dei diamanti. Ad agosto quando il caldo si fa imperante la musica avvolge il parco, la gente si riversa verso il palco e partecipa con fervore allo spettacolo. Si accendono le luci e inizia il Tam Tam, prende vita una serata circondata da persone amiche che passa all’istante come tutte le cose belle, fa sentire la vita importante e apportarvi ricchezza non è fatica.
(a novembre si toglie il mantello e va in letargo)


Lisa mi chiama insistendo come non le è consono, e dopo un po’ si sfoga dicendo che è venuto a mancare suo fratello di 53 anni per aver ingerito un boccone di dolce che l’ha soffocato.
Un velo di tristezza e incredulità le faceva vibrare la voce.
Quanto insolitamente la vita è appesa ad un filo: lo aveva salutato qualche minuto prima ricordando che sarebbe tornata a trovarlo la settimana dopo.
Segnata dalla perdita recente della madre e dalle cure chemioterapiche della sorella, tutto questo è difficile da affrontare, ma le amiche servono anche per questo.
Ricordo i vocii e le urla dei tifosi, di quando si giocava sui campi della serie A. Gli scontri con le grandi squadre, eravamo come una famiglia. Arrivavo con il treno Mantova-Verona, dopo la scuola, prendevo il bus fino a Porta Vescovo e l’autobus fino a Tregnago.
Alla sera si faceva allenamento, la doccia, si mangiava e si andava a letto stanche. La mattina prestissimo, il profumo del pane appena cotto inebriava la stanza, un assaggio e via con l’autobus, il bus, il treno studiando le lezioni del giorno precedente.
La scuola, le amiche, di nuovo ginnastica il pomeriggio alla “Libertas” e il ritorno a casa la sera. Le partite alla domenica.
Dal letto a forma di nuvola i sogni prevalgono sulla realtà alla luce della luna.  
Un teatro invisibile e del nulla che è fermo, appunto – nulla dice.
C’è gente che per sfogarsi, trovare amici, per illusione, partecipa con un regista che è chiuso in un teatro buio la cui luce disturba il silenzio.


Tu che porti irrequietudini, solidarietà e idee, scompigli l’ambito, vuoi dare segnali, un’identità al nulla. Un ripetere del ripetere ripetuto.
NULLA
NULLA HANNO DA DIRE.
Tritare e ritritare solo cose vecchie senza affrontare l’attualità.
Nascondersi dietro un paravento per sentirsi meglio, non è il momento non abbiamo più tempo per piangerci addosso, non ora.

La vertigine trasporta le immagini nell’ologramma deriso dalle paure con slancio, appeso ad un raggio vibra la sua anima nel sole giocando con la storia.








Esperienza come “madonnara”



Nel pomeriggio precedente il ferragosto, in un borgo sull’ansa del fiume Mincio, dove si erge maestoso il Santuario di Grazie, centinaia di “Madonnari”, provenienti da tutto il mondo imprimono le loro opere, dedicate alla Madonna”, sull’asfalto antistante il grande piazzale. Condividendo la notte, gli artisti di strada instancabili portano a compimento i loro dipinti eseguiti con i gessetti.
Tutti gli anni si ripete questa festa, con migliaia di visitatori che vengono appositamente ad ammirare i dipinti, la chiesa con appeso il coccodrillo, l’icona della Madonna delle Grazie.

Anch’io ho partecipato nel 1979 a questa manifestazione insieme a Marina (la mia correttrice di bozze), dipingendo un Cristo Crocifisso di cinque metri per tre. Era una delle prime opere che non rappresentava una copia da quadri famosi ma era originale: una delle notti più belle e calde passate su questa meravigliosa terra.

Ora ci siamo ripromesse che torneremo a fare le madonnare, ancora per una notte nella vita, avendo già deciso cosa dipingere. Il bozzetto è solo da stendere: faremo una Madonna, una madonna con un bambino ma ispirandoci alle attuali realtà che ci pervadono e che ci angosciano.  

In fondo i loro colori che si stemperano con la pioggia e poi scompaiono, sono come i nostri giorni : tavolozze che si sciolgono e scompaiono lasciando solo una traccia appena accennata.





Mentre la mia mente spazia nella stanza alla ricerca di nuove idee, squilla il telefonino.
La vita è tanto breve che va solo apprezzata, migliorata e l’amore verso gli altri, da vivere in ogni attimo, riappropriandosi dei propri spazi, delle proprie passioni, dei sogni. È un arricchirsi di sensazioni, emozioni.
Una cartolina datami da un ramingo a Finisterre, durante il faticoso cammino Francese, inneggia alla pace e raffigura una colomba con un ramoscello d’ulivo. L’ho piegata in due ed all’interno ho messo una stella marina raccolta vicino al porto.
Questo ricordo illumina la stanza e mi riporta all’Oceano, agli stridii dei gabbiani, ai peregrini sempre in cammino. Chissà come sta la bambina dai capelli dorati che sul fare di mezzogiorno veniva portata dai parenti ed amici festanti, a gustare il sapore del mare. Il vento mi porta questi ricordi impregnati di salsedine e dal faro rimiro gli orizzonti infiniti. Oggi ho sentito Stefania, che quattro anni fa è stata operata di meningioma, rioperata un anno fa, anche se io spero sempre in una sua ripresa. Eravamo compagne di stanza nella prima operazione ora è ricoverata in una casa-struttura in quanto non riesce più a camminare, ma la speranza non la abbandona mai. Seguita dal suo compagno, da sua sorella, con regolarità, una sua amica filippina di nome Carmen, la va a trovare durante l’estate perché è in Europa a seguire i tre figli: due abitano in Italia e uno in Inghilterra.
Durante i mesi invernali Carmen segue il figlio che abita nelle filippine. Così penso come, dopo l’operazione al cervello avuta nell’ottobre del 2013 e la conseguente embolia polmonare, anche la mia vita è cambiata, si è evoluta come una parabola, senza più inibizioni, senza paure, senza remore.
Parlando a cena con alcune amiche, che si sono recate recentemente in Iran, per lavoro, erano state stupite dalla grandezza e da ciò che emanava Persepoli “la culla della civiltà”, tanto che vi sarebbero rimaste “per sempre”.
Nonostante fosse imposto loro di portare il velo, avevano notato la grande socialità, solidarietà e cultura di questo popolo.
Noi occidentali, pensiamo che l’Africa e l’Asia minore siano popoli molto arretrati. In realtà le città sono in piena espansione, da decenni, i bambini vanno a scuola, hanno la televisione, le parabole imperano.
E’ anche vero che girato l’angolo della strada nuova e lussuosa ci si può imbattere in ghetti e/o misere case, ma queste sono dignitose.








Nella mia stanza, rimembrando

Carlo Carrà – Donna al balcone -
                                                             

Al ritorno dal lavoro lungo la strada osservo nel passare, una casa che nel tempo della felicità era piena di fiori colorati, di grida di bambini e di buon vino. Immersa in lussureggianti verdi vigneti. Ricordi lontani coperti da neri presagi, eventi che l’hanno spogliata.
Il figlio buono ha pagato con la vita i gravi errori di un padre avido e senza scrupoli. Volgo lo sguardo e ora vedo la casa spoglia nel silenzio del tempo.
Francesca, colei che oltre le sue positività esternalizza le sue paure.
Rivela agli altri le sue debolezze fisiche e psichiche: il fatto di fare aborti spontanei e quindi di non riuscire ad avere figli, di litigare spesso con le amiche di sempre non tenendo conto che le persone nel tempo cambiano. Nel non fidarsi più, di rapportarsi con la famiglia allargata che comunque le vuole bene ma non ha più vicino perché il padre si è accompagnato con un’altra donna e la madre adottiva se ne è andata in un’altra famiglia.


Porte di legno, in un puzzle, che sono state sostituite da fragili porte di vetro dove gli attori se ne sono andati.
Porte comunque cieche ai passaggi. Contenitori fragili. Comunicazioni che cercano invano di ricollegare sentimenti sfilacciati e frammentati.
Se il giorno si sta sfilando, ineluttabile arriva la notte.

Scandisce
i  tuoi passi

che come acqua
scivolano lontano

che come soli
illuminano i selciati

che come fiori
ricoprono le strade


La mia generazione che sta nella terra di mezzo tra l’era industriale e l’era digitale può vivere anche senza smartphone o cellulari, tra le righe di un semplice libro. A domanda l’era digitale risponde, una semplice conquista.
Ho risentito Florina, sei mesi dopo l’operazione di chirurgia plastica, sta bene anche se ha ancora due costole rotte e la gamba che le fa male. Nonostante questo, temeraria come sempre è salita sul tetto del garage ancora per due volte ed ha sostituito la rete antipiccioni con delle assi. Adesso è super contenta e fiera di sé. Le ho dato i miei numeri di telefono, sono certa che mi richiamerà. Grande Florina.
Tornando a noi, la lezione imparata è continuare a fare, con prudenza ma essere sempre attivi: Florina lo è anche troppo.








Progettare gioielli



Quando vado a Firenze attraverso il Ponte Vecchio, che sin dal Rinascimento ha le botteghe degli Orafi, dei Gioiellieri, degli Argentieri. Ammiro le forme dei gioielli, delle collane, degli anelli, delle spille che stanno in bella mostra e mi rammento la mia visita al museo del Topkapi ad Instanbul, un complesso di palazzi, residenza e centro amministrativo per quattro secoli dell’Impero Ottomano. In particolare mi ha affascinato  “il mondo delle gemme” dove mobili, suppellettili, oggetti, pendenti, pugnali, gioielli ornati di smeraldi, diamanti, rubini, turchesi e altre pietre preziose fanno bella mostra di sé. Un tesoro tra i più belli al mondo. L’arte del gioiello mi ha affascinato.
A palazzo Grassi, a Venezia, dove si andava spesso a vedere varie, propositive e bellissime mostre sull’arte orafa di vari popoli, etruschi, barbari, egiziani, ho imparato a conoscere questi popoli attraverso l’arte che hanno prodotto.
L’arte del gioiello ha attraversato e accompagnato l’uomo per migliaia di anni.
Premetto che, il mio desiderio è di esplorare qualsiasi ambito sociale, anche quello più ludico, “frivolo” ma pur sempre creativo dell’uomo, che lo ha sempre contraddistinto nella storia.
Durante il cammino di Santiago la mia mente, in una mattinata buia e fredda, ha incrociato ed ammirato la via lattea.


Fulminata da tanta intensità di splendore ho deciso di elaborare una linea ad essa dedicata; dopotutto siamo parte stessa di questa galassia.
Dopo avere cercato di accreditarmi, tramite chi vende gioielli per potere visitare “Vicenzaoro september 2017” e non essendoci riuscita, ricordando che sono architetto, mi sono accreditata ed ho avuto subito il biglietto, per tutti i giorni della fiera…incredibile: mai arrendersi davanti ad effimere chiusure. 
Sono sicura che a Vicenza Oro mi sentirò fuori luogo, ma sarà mia cura esplorare i materiali, le tecniche, il designer ed i mercati. Tra scintillio e sfavillio tanti luccichii, poca arte. Bellissime le pietre preziose esposte.
In fondo si sente la crisi
Vicenza oro rappresenta oggi l’industria orafa, con i suoi distretti di Valenza, Vicenza, Napoli, Torre del Greco, Arezzo, Firenze.
Vicenza, dove il grande orafo, incisore, medaglista Valerio Belli, si è espresso nel rinascimento ai massimi livelli.
La figura del Designer, dal quale nascono nuovi gioielli e collezioni moderne.
Oggi quest’arte si deve riappropriare della filosofia di vita, mantenendo la sua forza creativa.
Terminato il designer della via Lattea, ho creato il blog ed ho creato la collezione “la via lattea”, inserendola in una scenografia di statue fatte a sagoma femminile, in profili sottili di acciaio, realizzate dal grande artista Ernesto, mio padre. La scenografia, con le statue è proiettata in un giardino paradisiaco, nel quale sembrano sfilare davanti al suo mausoleo.
Un uomo, ogni uomo è un frammento di universo. Alcuni, però riescono a vedere con occhi diversi il mondo che li circonda e queste loro immagini le fissano in opere che permettono anche agli altri uomini di intravedere ciò che per loro è così chiaro. Questi uomini sono speciali. Di loro spesso non si capisce il percorso e le parole che dicono. Sembrano oscure ma le loro mani lavorano i materiali e nelle Opere tutto si chiarisce. Una scultura si può toccare, vedere, ed essa comunica quell’Universo nascosto, è un segno che incide l’eternità della quale abbiamo una così struggente nostalgia.

Quando dai vita
 al ferro, alla pietra, al cemento, al legno

Quando incidi con il fuoco
la materia

La vita
prende a pulsare
come tanti Universi
a cui regali

S U O N I  MERAVIGLIOSI




La forza che sgorga
dalle tue mani
non sarà vana
ma dell’essere presenza-traccia
nella ricerca della speranza

Nel blog abbiamo inserito un programma, dove si possono vedere tutte le bandiere legate ai visitatori del blog. Si è emozionati nel guardare le cinquanta, cento, centocinquanta, duecento nazioni, da cui la gente si connette con tutto il mondo. Cliccando sulla bandiera c’è tutta la storia.
Stiamo lavorando alla collezione “Andromeda”, nome che ci ha sempre affascinato. Rimirare l’universo, studiarne i misteri, ci attrae, è parte di noi. Si sta anche lavorando ad altre collezioni: M33, Andromeda, B., D., S., P.

L’arcobaleno illumina l’orizzonte
e riscalda con i suoi
c o l o r i
dalle mille luci
l’anima della gente
che vi si rifugia
“le case dell’arcobaleno”

Un grande semplice progetto

Un progetto”le case dell’arcobaleno” da supportare con una fondazione di ricerca, pace, poesia. Una comunità residenziale indipendente ma con servizi comuni, per le persone che hanno bisogno e che lo stato spesso egoista e distratto non riesce ad aiutare. Un semplice aiuto di transizione, un microcredito di solidarietà, verso l’orizzonte dell’autonomia.
Un’aiuto alla ricerca perché il domani sia migliore per tutti. Un impegno costante per la Pace, perché la sopravvivenza non è scontata ma va guadagnata e mantenuta di generazione in generazione.



Al lavoro incontro Massimo, figlio di due continenti, cittadino del nuovo mondo (italo-brasiliano), frenato da questa devastante crisi, è di bell’aspetto, ambrato, gentile e un grande lavoratore, disilluso della vita. Ha interrotto gli studi universitari, in quanto economicamente insostenibili dalla famiglia. Ha trovato dei lavori a tempo determinato, ed è in una di queste pause che è venuto a trovare i suoi amici del servizio civile.
Massimo mi ricorda tutti i numerosi giovani italiani che ho incontrato lungo i cammini spagnoli e che hanno problemi di trovare un lavoro dignitoso, che dia loro un futuro.
In un pomeriggio terso, sono andata a trovare Elena, nata a metà del secolo scorso, anni sessanta portati bene, di bell’aspetto come sempre, anche se la vita non è stata generosa con lei. Figli e nipoti lontani che non si può godere come meriterebbe, marito parassita prima inesistente, dopo le ha tolto la casa, la dignità che la contrassegnava.
Lei, che ha passato i migliori anni della sua vita tra fabbrica e famiglia. Poi ha dovuto rinunciare al lavoro per curare l’anziana e malata madre. Poi il ripiego da “badante” rispettosa e meravigliata dalla persona da servire e con la quale condividere anni e anni di vita.
Perduto questo vitale riferimento si è persa in un mondo senza valori contraddistinto dai soli averi e che tutto le ha tolto.
Ma lei mantiene orgogliosamente, nonostante la sua accentuata depressione, vigore e speranza: sempre più aggrappata alla vita, ai ricordi e alle giornate passate in solitudine trascorse nei boschi delle colline a contatto con la natura che nulla chiede.
Casualmente, al supermercato incontro Roberta, elegante e sensuale come sempre, di famiglia benestante, una persona amica con i piedi per terra. Lavora nell’ambito della moda traendone il vantaggio che è bello ciò che piace a prescindere dalle disillusioni. Un immenso abbraccio. È bello ripensare ai ricordi della gioventù.
Mi ricordo anche di Lara, la più bella e curata, dai lunghi capelli rosso fuoco, poteva ambire ad essere un’attrice tra le più grandi, ne aveva le potenzialità ma non la volontà.
Si è forse lasciata trascinare dal destino.
Accompagnata ad un uomo molto più anziano di lei, hanno avuto una figlia, Debora, con problemi di disabilità mentale grave, che non riusciva all’inizio ad accettare. Specializzata nel recupero di persone disagiate. Dopo anni l’accettazione e la quotidianità si fondevano in sofferti vissuti.
Giuliana, dai tratti delicati, bambina sempre allegra con il suo grande sorriso e i capelli biondi.
Stefano, il musicista che da bambino con i suoi occhioni azzurri  e capelli biondi, dallo studio del pianoforte è passato alla chitarra acustica, voce ed al basso, senza sapere che la musica avrebbe tracciato inesorabile il suo destino e riempito la sua vita.
Oggi gira il mondo dando concerti e cantando le sue canzoni. Era un grande amico che mi ha trasmesso la passione per la musica.
Dalle canzoni anni ’70-’90 sentite per radio o jukebox, si va a vivere e conoscere la musica negli stadi, nei palasport, nelle Arene, in autodromi, all’aperto.
Tutto è iniziato negli anni novanta quando al Forum d’Assago ho assistito al mio primo concerto da spettatore, gli Aerosmith.
Ho incontrato il cantante Tyler, un’ora prima del concerto nell’area shopping dove chiede che cos’è quella pelle molto morbida. Una pelle d’agnello, rispondo in inglese. Mi ringrazia e fa un autografo, mi sento quasi svenire. È poi tornato in sala prove insieme al chitarrista Perry. Scortati da due enormi buttafuori.
Sono stati alcune centinaia i concerti a cui ho assistito successivamente, ma mai emozionanti come questo incontro.
Ho ripercorso e condiviso tutta la musica “moderna”: dal rock, funk, soul, music, blues, rhythm n’ blues, al pop al pank, all’hevil metal, al darc, punk.
Concerti dove energia, protesta, poesia, arte, espressioni, amori prevalgono e donano qualcosa sempre.
Canzoni nell’aria, sogni liberi pieni di suggestioni come meteore di vite portate dal vento.

Cercati
Costruisciti
Non lasciarti morire
Mai
Sopravvivere mai

ma passare oltre le barriere poste
……….
Volti sovrapposti
Soli
Solo sovrapposizioni
IIIIIIII  bande sonore
abbiamo dimenticato che proveniamo dalla storia
 e che continuiamo ……………………………….

Correnti alternative, impulsi, quantità di luce che riverbera nello spazio. Portano a vedere lontano con gli occhi dell’aquila. Annuisce lo spettatore sulle sue origini. Multisignificante nei suoni e nelle voci. Assordante all’inverosimile e coinvolgente.

Spettatori che colgono orchidee selvatiche per il nuovo giorno.
Tesori riposti nei deserti
Vegliando sull’orlo dei precipizi
Strappando applausi

Quando poi la musica si trasforma in poesia non sento più il giorno, la sera, i colori, i suoni, i miei abiti di polimeri saturi, la mia vita fatta di schermi. Il respiro si fa vivo nel calore della festa si tinge di rosso la sera, si disperdono le armonie scordate. I circuiti come stanze ne impediscono la vista. Derubano il mio amore dominando la notte buia. Cori di voci mai sazie, che rincorrono tante vite fatte d’amori, di delusioni, di gioie, di spazi tra la folla, un tappeto fiorito di persone in un’oceano ondeggiante in cui immergersi.
   Dal rock pieno di speranza dei primi poeti che con le loro voci stridule, urlanti, spesso gridate piene di suoni e di valori. Lungo le strade, tra le piazze hanno tracciato nuove idee, contestazioni, rivoluzioni che sono implose, scommesse messe a nudo su stereotipi e vuoti nei ritorni d’immagini. Sempre in ascolto.
Trascinati nella musica che diventa penetrante, essenziale quando l’applauso si fa universale.
Dove il sogno viene ri-presentato, il sentimento e la ragione la fanno da padrone. Il vecchio mondo della musica si ripropone con nuove vesti nell’impoverito contesto d’oggi, riverberando di luci proprie il cammino della musica. Tra angeli & demoni del rock, spuntano esistenze scomode, emarginate e spregiudicate delle rassicuranti e patinate immagini delle pubblicità. Un pubblico spesso scarico in cerca di stimoli e ricariche.
Esplosioni soniche, con chitarre distorte all’ossesso per creare un muro di rumore compatto e implosioni melodiche, attraverso l’uso distorto della tecnica e della tecnologia, una sorta di destrutturazione del rock.
Nei miei ricordi la ragazza tatuata di serpenti, magra, consumata dai pensieri e dalle droghe, s’avvolgeva ai corpi degli amici, con vigore, qualche sguardo per gli altri ma nient’altro.
Il clown, un simpaticone brillo di birra che canta sull’erba e fa apprezzamenti tutt’intorno per attirare l’attenzione. Dove birra, spinelli, panini e coca prendono il sopravvento sulla ragione.
Come graffiti dell’anima che vengono a galla portati dalle onde sonore mai sazie degli antipodi, nell’emergere spirituale dell’introspezione. Dove spesso i palchi sfavillanti di simboli e alchimie vogliono rappresentare l’anima dei gruppi di turno, dove le parole sono semplici e complici del sopravvivere nella società.
L’industria e l’archeologia della musica si è spesso evoluta nell’universalità del suo futuro. Passato e futuro che spesso si immerge nella ricerca di alcuni gruppi musicali.

Dopo queste ricche esperienze, so cosa voglio

un mondo senza veli (cesure)
senza conflitti
senza guerre
che crede nel futuro per tutti
nella ricerca
nella scuola
nell’arte
nella scienza
nella musica

 il pane, il lavoro, la dignità, la libertà, il rispetto portino tanto amore. Un mondo migliore, identità, tanti volti diversi, in pace in un universo sempre alla ricerca.








Stefi


Stefi, per alcuni giorni, la mia compagna di stanza in ospedale, con la quale ho condiviso solidarietà e ricordi di una vita.
Solare, forte, orgogliosa, raccontava del suo paradiso ma anche dell’uomo che le aveva sottratto i figli, umiliandola e scaricando su di lei colpe che non aveva: in sostanza quello di essere nata donna, con tutti i pregiudizi che una società dominante maschile ha nel d.n.a. Una donna che le donne, poco sociali per mancanza di storia, di tempi, di cultura, di indipendenza economica, per vulnerabilità, non difendono e non aiutano più di tanto.
Una vita di sofferenza, due figli cresciuti, con il cuore e l’amore di una madre, ma un uomo che non la rispetta. Quando, dopo una prima operazione affrontata, ancora in giovane età, ecco l’esplosione di un nuovo subdolo male. Stanca di subire, ha guardato il sole negli occhi, con l’illusione e la convinzione comunque di una vita difficile ma migliore: vivendo in autonomia con il duro lavoro delle sue mani, con dignità, libera.
La sua grande umanità e l’amore per la vita l’ha accompagnata in questi quattro anni di speranza, seguita dal suo anziano ma sempre presente compagno e dalle sorelle. Il male l’ha portata con sé in un uggioso giorno d’inizio anno nuovo, mentre si festeggiava il capodanno.
Voleva solo vivere ancora qualche anno, tornare a camminare, a parlare, ad abbracciare i figli che amava tanto.

Un profumo d’orchidea
riempie la stanza

 la speranza
irradia la sua luce.




L’immagine di un libro oggi, non è più tra gli scaffali polverosi di un archivio o di una biblioteca ma sui pallet degli ipermercati, in bella mostra tra detersivi e vini pregiati, alla mercé dei lettori distratti.
Oppure via etere, nella rete dove tutti possono esprimersi, se hanno qualcosa da dire o creare. Comunque possono disperdersi come le reti nell’oceano.
Delle isole che appaiono e scompaiono. Mattoni riposti a memoria.
Andando a trovare un’amica che colleziona bustine di zucchero, migliaia e migliaia, tutte riposte con cura negli appositi raccoglitori, tutti uguali ordinati su dei bellissimi scaffali, senza un filo di polvere e che si diramano dal soggiorno all’enorme cucina, ha risvegliato nella mia memoria le varie collezioni: di francobolli, di monete, di CD, di giornalini. Ma le raccolte, dove abito sono tutte raffazzonate negli armadi e piene di polvere.
Mi sono riproposta di metterle in ordine iniziando dai francobolli, e di farle poi valutare, riponendoli in dignitosi raccoglitori. La passione per i francobolli è iniziata negli anni ’80, grazie all’Ing. A.N., che quando lavoravo al comune di Mantova faceva il consulente dell’Ufficio. Mi parlava spesso dei francobolli, di cui era un grande esperto. Raccontava spesso la storia di quando c’era la guerra e lui era ingegnere del Genio. Poi, il passaggio al Comune di Mantova dove era stato capo ingegnere. Aveva inoltre fondato e coordinato la sezione di Mantova dei Boy Scout, attività che lo aveva impegnato per tutta la vita. Mentre riordino e ripulisco i cassetti dei francobolli trovo una sua lettera del marzo del 1994, in cui mi inviava dei francobolli, che regolarmente prendeva dopo averli prenotati da un’agente. Tutto questo perché dal 1993 da dipendente del comune di Mantova sono andata a lavorare al comune di C., con grande meraviglia dei miei ex colleghi.
A. sapeva la storia di ciascun francobollo, ne narrava la storia e l’arte racchiusa, la bellezza e le imperfezioni di alcuni, che così erano diventati unici e rari. Oltre ad essere stato un grande amico è stato anche un grande saggio e maestro, per più di dieci anni mi ha aiutato nella raccolta di francobolli. Me lo ricordo ormai in avanzata età, ricurvo dal peso degli anni, un passo pesante ma inesorabile, i suoi occhi vispi, i racconti audaci, la borsa nera immancabile: in cui riponeva le vecchie pratiche da sbrogliare e da chiudere.
Rimiro ora la lettera che ha faticosamente battuta a macchina, ma ancora piena di vita e forza.








Epilogo


Ci sono momenti in cui vorresti che il tempo passasse velocemente, cioè quando soffri, ma in realtà in quei momenti procede lentamente e i giorni si vestono di anni. Mentre quando sei felice il tempo scorre velocemente tanto da vestirsi d’attimi.
Persone speciali e sincere che nell’arco della tua vita conosci solo per pochi attimi, in occasioni speciali, come un viaggio, una malattia importante ma che poi porti nel cuore per sempre.

Un corpo che sente le relazioni quotidiane dell’uomo, della terra: unico spazio di relazioni tra noi esseri umani, investimento “teriomorfo” della figura umana che va migliorato, in parte corretto e organizzato collettivamente, per la sopravvivenza di tutti.
I piani strategici vanno snelliti, ampliati, applicati, rivisti alla luce dei dati sensibili della terra in una ricerca continua di avanzamento equo-solidale del presente, futuro, senza sottovalutazione, con lo spirito di essere immersi nel tempo e nello spazio reale, della visione dell’esistere.
Un mutare in meglio che può diventare sostanza che dura, che mantiene l’essenza stessa ”civiltà” che si rivela impietosa di una congiuntura spesso miope nei confronti della realtà.

Energie e impulsi da ritrovare – intenzionalità del fare- che accomuna e fa condividere gli spazi comuni.  Mediazioni e concretezze da accompagnare, responsabilità o la loro irresponsabilità. 
Morale e buon senso nella conquista di un domani migliore.
Una violenza-resistenza che caratterizza questa generazione disattenta, a costruire giorno dopo giorno valori civili, universali che coinvolgano tutti.

Un riverbero di luci inonda le facciate delle città, dai segni multicolori nasce l’arcobaleno.








OBIETTIVI

Un analizzare, riflesso in un percorso sociale di sessanta anni proiettato in avanti.

ATTIMI

QUESTA E’ LA MIA VITA

SEMPLICE
ESSENZIALE
CREATIVA
POETICA
NARRATIVA
SOLIDALE
IMPEGNATA










  
Personaggi:

         ANGELO (IL NARRATORE)
         ELETTRA (SOTTOVOCE)
         PETER  (ramingo)
         LUCIA   
         EXPERANZA
         MARIA LURDES
         DELIA
         ALARA
         MARCO
Roberta
Antonia
Stefania
Mario
Umberto
Lia
Giulia
Giuliana
Lina
Lisa
Massimo
Stefano

Andalusia
Victoria Frensel
Miguel Dominguez Duràn
Miguel Maria Rodriguez

Asturies
Adriàn Gallo Rodriguez

Catalunya
Ania Barcèlo Cuerda
Elena
Pedro Sanchez
Lara
Pablo Diaz
Joan Pinol Garcia
Luis Mendoza Cembranos
Noelia  Alvàrez Diaz
         Amparo Rodriguez de Dios
         Alberto Pérez
         Noelia Alvàrez Diaz
         Esther Latorre
         Emma Ferre








Il continuo ondeggiare
dell’oceano contro gli scogli,
il respiro del vento, il cigolio dei gabbiani,
il rumore delle piccole imbarcazioni colorate d’arcobaleni,
il sorgere del sole in questi splendidi scenari
riempiono d’oro il mio cammino.





Camminando tra le impronte dei gabbiani
e i cocci delle conchiglie
il sospiro del mare entrava nel mio sentirmi
parte di questa terra
tra lo scroscio delle onde
il bacio dell’oceano mi riempiva di meraviglia