Il blog di Angioletta Fontana e Marina Ferrari Poesie di due poetesse italiane, mantovane
Il quotidiano è il nostro futuro, proiettato in un sogno poetico. The blog of Angioletta Fontana and Marina Ferrari Poems of two Italian poets, (from Mantua) The newspaper is our future, projected in a poetic dream. Copyright I contenuti del blog, grafica, testi, poesie, sono protetti ai sensi della normativa in tema di opere dell’ingegno. Copyright The blog content, graphics, texts, poems, are protected under the legislation on intellectual property.
giovedì 3 gennaio 2019
sabato 7 luglio 2018
Attimi
ANGIOLETTA
FONTANA
Come le stelle
A T
T I M I
LA MIA VITA
Revisione testi a cura di MARINA FERRARI
In
copertina: Santiago del Cile – paesaggio
-
“Ogni
riferimento a fatti e persone è puramente casuale”
ANGIOLETTA
FONTANA
Come le stelle
A T
T I M I
LA MIA VITA
Revisione testi a cura di MARINA FERRARI
CONSIDERAZIONI
Alzo gli
occhi al cielo
sul far del giorno
m e r a v i g l i a
osservo la via (Lattea)
del cammino
segnali – sognanti
cullata dal tepore del
giorno
m’ incammino tra voci
amiche
lungo sentieri in
territori
s c o n o s c i u t i
Canti di usignoli
accompagnano i
sofferti passi
COMMENTO DELL’AUTRICE
Premesso che il libro cartaceo ormai
fatica ad essere attrattivo, che prevalgono google, facebook, twitter, w.z.up, che
si scrive ormai on line, in modo più che schematico e non si usa più la penna,
mezzo ritenuto antiquato, avendo promesso tanti anni fa che un libro l’avrei
scritto…eccomi qui.
Perché il primo libro adesso?
Perché no…
Sono artigiana della poesia, apprendista
strega del linguaggio, ammalata di parole, osservatrice del mondo.
Come migliaia di altre donne la
famiglia, il lavoro, i figli mi hanno assorbita per anni, senza rimpianti.
Non è che il lavoro ora sia diminuito,
tutt’altro…ma…viste le contingenze…era adesso il momento.
Reduce da una difficile operazione per
un neurinoma all’acustico, ho voluto percorrere il cammino di Santiago ed ho
avuto, finalmente, il tempo per pensare. Sprazzi di ricordi, ritagli di
memoria, sensazioni, emozioni…attimi di vita, numerosi come le stelle nel
cielo, luminosi nel grigiore del quotidiano.
Il quotidiano stesso entra nella miriade
delle galassie che costituiscono una singola vita…unica…specifica…non
ripetibile…
Da queste meditazioni, il titolo del
libro.
Ringrazio la dott.ssa B.M. che ha
fatto sì che questo potesse accadere.
Carlo Carrà – Ritratto di Marinetti -
Premessa
Sono
nata in una casa dove non c’erano libri…
ma tanta libertà
tanto amore
tanta arte
tanto rispetto
tanti sogni
Uno
spazio infinito, per me simile al paradiso, dove la ricerca della propria
identità si rifletteva sulle vere e, a volte, sofferte amicizie, dove il gioco
era scoperta, consapevolezza, gioia: un giardino tutto da scoprire, sempre fiorito
circondato, ma non limitato, dal mondo esterno.
Era
la casa dei sogni dove pensare e costruire le proprie esperienze, dove crescere
per poi poterla lasciare, per intraprendere nuove strade, senza angosce, con
un’ombra di nostalgia.
OGGI……
Arrivo
a Verona passando dalla località “Paradiso”. Percorro lo snodo autostradale di
Peschiera del Garda. In città mi dirigo al parcheggio “Arena” nel centro di
Verona.
Da
piazza Brà, dove ci si ferma a bere un caffè rimirando l’Arena romanica, percorro
la frenetica e scintillante via Mazzini, dove i vocii ricordano i gabbiani
sulla spiaggia, al tramonto.
Mi
immergo nella bellissima e irrequieta piazza “Erbe” e finalmente approdo al
“Teatro Nuovo”, in piazzetta Navona. Mi siedo, in attesa dello spettacolo, sulla
panchina ed osservo delle bambine che giocano riempiendo calici all’acqua della
fontana, mentre un vecchio signore acquista una rosa e, con aria complice, la
porta alla venditrice di biglietti.
Invitata
dal teatro della Scuola degli Invisibili, composto da persone speciali e rare,
indago quel Pirandello che nel 1923 rappresentava il teatro “d’avanguardia” con
“l’uomo dal fiore in bocca”.
La
morte ti raggiunge quando è la tua ora: inevitabile…a prescindere, dicevano i
saggi.
Pirandello…autore
agli albori della psicanalisi, rammentando i “sei personaggi in cerca d’autore
“ e “uno, nessuno e centomila”.
Pirandello…quale
teatro esiste ora:
-
Uno…l’intelligenza artificiale
-
Nessuno…lo scarto sociale
-
Centomila…il controllo, la paura fuori controllo
quali
autoritratti, quali autori creano gli attori.
L’identità
come tale è un’invenzione moderna.
È
nata come problema e può esistere solo come problema.
Si
pensa all’identità quando non si è sicuri della propria appartenenza. I
concetti di costruzione dell’identità e di cultura, ovvero l’idea di
incompetenza individuale, di necessità di una crescita collettiva e
dell’importanza di maestri abili ed esperti, potevano solo nascere insieme.
IN
CAMMINO
Il cammino francese di Santiago
Il cammino francese di Santiago
Scrigni racchiusi in uno specchio
d’acqua.
Canti, danze, brindisi, giocolieri,
mangiafuoco,
rumori si levano sul borgo a tracciare la VIA.
I pensieri ci
guidano sulle asperità di infiniti mondi
dove tempi (diversi) scandiscono i
rintocchi
dell’anima vagabonda
(sazi della stantia quotidianità
imposta)
Stando alla finestra nell’attesa
della grande partenza,
fremono gli alberi.
Passo dopo passo le parole prendono
forme all’intorno.
Tra ciechi passaggi,
il vento ci accompagna
lungo il Cammino gemendo silenzioso.
La figura del
pellegrino non è stata un’invenzione moderna, è antica come il Cristianesimo.
Per il pellegrino nel tempo, la verità è altrove, la gloria e la profondità
della destinazione finale toglie importanza al presente e, contemporaneamente,
fa luce su di esso.
“Siamo
pellegrini nel tempo” era, nelle parole di Sant’Agostino, non un’esortazione,
ma un dato di fatto. Noi siamo pellegrini qualsiasi cosa facciamo, e c’è poco
da fare al riguardo anche se lo desideriamo…
Alla ricerca dell’eldorado della vita, come un
continuo flusso sanguigno, le persone si susseguono lungo il cammino, il
CAMMINO per antonomasia, il percorso verso Santiago de Compostela. Questo
fluire intenso arricchisce e crea idee, amicizie, opinioni, ricerche,
riflessioni, domande e risposte preziose.
Olà Buen camino
Varie identità, figure
concrete, ricche di sfumature. Racconti, vite, strade percorse o da percorrere,
spessori solidali sulle tracce lasciate dai pellegrini. Il
pellegrino ricerca se stesso nel cammino solitario, nella fatica quotidiana,
dove la sofferenza fa capire l’essenza della vita.
Ho incontrato tante persone, tante storie, tante vite…
Experanza, allegra, piena di vita, tenace, solare, viene dalle
Gran Canarie
Le
chiedo: dove vai. E mi dice…camminando, cerco - ricerco me stessa.
Experanza, buen camino
Lungo il percorso i canti della gioia di vivere dei
gruppi spagnoli, solidali festanti, rumorosi e allegri, allietano le fatiche del cammino.
Dalla severa Scozia un’allegra minuta, apparentemente
fragile signora sui settant’anni, affronta il cammino nella fatica arricchita
dai ricordi di canzoni dei paesi lontani conosciuti nell’infanzia. Amica del
dialogo viene dal freddo della Scozia a cercare momenti unici d’amicizia e
calore. Invita a cantare canzoni di Zucchero e Pavarotti, incoraggiando a
camminare veloce… si mette a cantare a squarciagola.
Incontro un gruppo
molto affiatato di Bergamo, abituato ad un territorio di montagna simile a
questo del cammino. Sembra non facciano alcuna fatica. Gente simpatica che,
mentre avanza, prega.
Procedo di
salita in salita, parlando parlando, ma anche restando soli a cercare le
proprie risposte, passo rapido, con il tam tam di due bastoni trovati lungo la
strada.
Di fatica in
fatica..olà da dove vieni…ecco Delia, viene dall’Equador ma lavora a Madrid. Con
il suo grande, pesante bastone che risuona come un battito della terra madre,
insuperabile, immediata parla almeno cinque lingue, per lavoro si prende cura
degli anziani.
Dormiamo in
camerate che ospitano da otto a trenta persone.
Maria Lourdes, suora della
periferia di Madrid – Valladolid, è grandiosa nell’ascolto ed immensa nel
dare agli altri. Già missionaria nell’America Latina, dispensa amore
e allegria immediata, però ronfa in modo assordante non lasciando dormire la
camerata……
Si
inchinano i folti alberi al passaggio dei pellegrini, gli usignoli allietano
con i loro canti, gli animali al pascolo si avvicinano curiosi, una fila
interminabile e costante crea il pellegrino lungo i selciati del Cammino.
Tra
l’arte della natura (boschi spontanei, ruscelli, acqua, sole, nebbia,……… e
l’arte dell’uomo, (boschi coltivati, culture, allevamenti, costruzioni chiese, abitazioni,
pozzi, strade, vie, piazze), il Paesaggio esprime la propria identità nella
continua ricerca della via segnalata da cippi indicativi della meta proiettata
nel futuro.
Incontro due francesi,
marito e moglie, partiti dalle Asturie, la signora con i piedi pieni di
vesciche che il marito le cura costantemente, ma il dolore è tanto,
urlato dal monte Gozo.
Un’anziana, di
corporatura robusta, statunitense, è accompagnata da una badante minuta,
filippina, che la guida passo dopo passo, urlandole dove appoggiare i piedi sul
percorso accidentato. La grossa grassa signora porta le calze di contenimento
ma è determinata nel cammino, nonostante le difficoltà. A loro…buen camino…
Sul
cammino si muove tutto il mondo. Vengono dagli U.S.A., dal Canada, Mexico,
Australia, Italia, Corea, Francia, Giappone, Polonia, Brasile, Venenzuela,
Bolivia, Nicaragua, Onduras, Perù, Equador, Germania, Scozia, Inghilterra,
Spagna, Portogallo, Germania, Gran Canarie, Argentina, Cile, Ungheria,…………
Tutto il mondo, tanta tanta gente, persone ognuna racchiusa in sè, ognuno
con il proprio passo, lungo il cammino: tanti scrigni preziosi.
Nel percorso vedo dei
tumuli, con foto di amici, cari scomparsi, un paio di scarpe da bambina di
colore rosa. Tracce di vite vissute e cessate.
Quanti volti, tutto il mondo
libero ritrova le proprie radici. Purificati nella sorgente, si lasciano le
proprie spoglie sugli alberi a testimoniare il passaggio
Lunga è
l’attesa del rilascio della compostela. Tre ragazzi italiani di Milano, Brescia
e Torino, hanno fatto tutto il cammino francese e continueranno verso
Finisterre, sull’oceano. Sono disoccupati, anche se hanno 32-35 anni: hanno
l’età di mio figlio. Mi chiedo quale società non sia riuscita a dare valore a
queste generazioni, al futuro. Per me sono fiaccole che illuminano i cammini.
Dopo tanta sofferenza e fatica si salutano festanti
davanti alla cattedrale
GRANDE CATTEDRALE
FOTO BACI ABBRACCI
SORRISI URLANTI AD IMMORTALARE
UN MOMENTO MAGICO,
UN
ARRIVEDERCI
un fiorire di vere amicizie
e
come girasoli
volgono lo sguardo
alla via lattea
“buen cammino”
La cattedrale, a mezzogiorno, si scalda, animandosi
con i pellegrini. Le sue arterie, si riempiono di energie. Guardando in alto,
ascolto l’elenco infinito delle nazioni dei pellegrini
presenti.
Orgogliosa di essere
architetto e di potere vedere realizzata tanta ricchezza di creatività di un
collega americano entro nella “Cidade de cultura” di
Santiago, una “cattedrale nel deserto”, specchio di oggi, vuoto invaso dal
nulla, anzi da due uccellini e da me, io ci sono… presente. Le idee bisogna
coltivarle… Porte alte 5 metri…ma nessuno che entra
Scultura fatta di libri
Biblioteca
A
Santiago ho riveduto il “roncador” (cioè chi ronfa) Mario, colui che non ha
fatto dormire un dormitorio di trentadue persone a Portomarin. Mi aveva offerto
i tappi per le orecchie, che ho rifiutato, poi lui che ronca se le è messe e, sino
al mattino dopo, nessuno ha dormito tranne lui. Spagnolo simpatico, ma “ronca,
ronca”. Si difendeva dicendo che non era lui che roncava ma Mario, il
bambolotto di pezza che portava sullo zaino.
Sono
attimi intensi, il rivedere le persone conosciute durante il cammino
Attimi
speciali di un tempo interminabile.
Durante
il cammino, diretti a Finisterre, un milanese raccontava del cammino
portoghese, bellissimo e fisicamente meno impegnativo di quello francese e di
quello nordico che aveva fatto negli anni precedenti.
Raccontava
della bellissima Lisbona, e delle città della costa. Un percorso da fare con
calma, da godere in compagnia perché è poco frequentato, ma le strutture
alberghiere e i sentieri funzionano.
ALLA FIN DA TERRE E DO
CAMINO
IL RESPIRO DEL MARE
Seduta
sulla panchina del porto o sui litorali che costeggiano gli scogli di
Finisterre rimiro il mare festante e i rapidi e continui vocii dei gabbiani,
all’ombra di gigantesche palme, mentre il vento del mare mi rincuora e il
sole mi abbaglia. Quando comincia a farsi sera, i gabbiani
e gli altri uccelli vengono in spiaggia o sugli scogli perché il mare si
ritira e lascia alghe e pesci ai propri compagni.
Alla
fine del mondo e del cammino, all’inizio di un nuovo percorso un continuo
rinnovarsi. L’Oceano ha ricucito le ferite della spiaggia aprendo un varco
all’insenatura, mentre risplende d’oro il percorso consueto inondato di
cocci di conchiglie. Sulla piccola spiaggia due bambine hanno costruito
un nido per i gabbiani del mare fatto con sabbia e acqua e riempito con sabbia.
Le loro fatiche sono state riassorbite dal respiro del mare all’alba
ringraziando di questa ricchezza.
Il
porto con i suoi poderosi frangi flutti si insinua nella darsena amica, dipinta
dalle imbarcazioni multicolori. Marinai caricano le barche d’argento
e di blu dipinte dei loro tesori che ritrovi nel museo-mercato del pesce.
Un vocio di persone, il banditore e i compratori. La bambina con i capelli
ricci al porto, coccolata da tutti, sul mezzogiorno mi ricorda quando ero
bambina vivace e allegra.
Due ragazze di Torino che hanno fatto tutti gli 800 Km senza avere
problemi, mentre del loro amico partito per il “ percorso primario” non sanno
ancora nulla. Una delle due ragazze, alloggiate vicino alla spiaggia, accusa
una distorsione al piede procuratasi alla stazione dei bus di Santiago, per scansare una
persona. Parlando, ci siamo promesse che l’anno prossimo ci troviamo sul
percorso portoghese.
Maestosa la “spiaggia de fora” sull’oceano.
Alla fine del viaggio il
vento dell’oceano suona le pagine dei miei appunti come note…………………Musica
d’onde
Buongiorno, ovunque tu
sia EXPERANCIA
Sconosciuto:
ha impresso il suo nome sulle assi di un letto a castello MARIANO TARAN
CON PASSATO IL 10.10.2010
Ho
chiesto a un volto solitario, com’è stato il cammino: duro all’inizio
poi OK. Trè bien.
Un
volto in ascolto, da bambina determinata, dalla Germania che ha fatto tutto il
percorso francese, fino a Finisterre, si concede un’attimo di pausa al porto,
mentre mangia una mela, con tranquillità e scrive delle note e impressioni su
un quaderno a quadretti, con grande soddisfazione. Una signora inglese, di origine tedesca, di bell’aspetto, ma triste le
si avvicina chiedendole gli orari degli autobus per Compostela. La ragazza,
solidale, le allunga un foglio con tutti gli orari. Si parlano per una mezz’ora in tedesco raccontando
le proprie vicissitudini . Poi, dopo un saluto cordiale e fraterno ognuna segue
la propria via.
Osservando
e fotografando l’anima del sole all’alba sul mare, con i suoi riverberi, ascolto
il respiro del mare. Domani cerco una conchiglia sulla spiaggia, metterò
un fiore sull’oceano, camminerò nell’acqua, lungo la spiaggia.
Ho
posato un fiore sulle acque agitate, raccolgo conchiglie sulla spiaggia, strappo
una stella marina aggrappata alle forti alghe, saluto i gabbiani rumorosi,
inebriati dai loro canti.
Qui è dove il tempo non passa mai. Il porto frenetico davanti agli
occhi, i peregrini presenza costante, in flussi continui alla ricerca della
sorgente (fonte). Capo del mondo, faro di Finisterre Km. 0.000 del cammino,
pieno di gente. Emozionante l’avere posto la propria testimonianza al faro e la
corona delle persone che contemplano il tramonto sull’oceano, dove il sole con
il suo manto luminoso sul mare accoglie i pellegrini.
Tornando dal faro ho incontrato un volto amico, il milanese che ha
fatto il percorso portoghese, ci siamo dati la mano e salutati, domani torna a
Compostela e poi a Milano. Olà la voce
ricorrente durante le salite e le discese, scogliere fantastiche, bellissimi e
curati paesaggi.
Vedo
un indiano d’america con due penne d’aquila sul capo, la pelle ambrata,
fiero delle sue origini, grandioso nella sua bellezza.
Sulla
banchina del porto ho trovato un ragazzo conosciuto a Porto Marin, voce roca,
barba lunga. Allora era solo, ora ha trovato una compagna delle marche. Erano
abbracciati sulla panchina al porto avvolti in una coperta di lana, in una
giornata uggiosa, a mirare il mare come gabbiani. Mi ha salutato, io a stento
l’ho riconosciuto, scambiati gli auguri. Sono felice, alla fine del mondo puoi
trovare anche una rinascita.
Al
largo le barche da pesca fanno avanti e indietro lambendo la costa
frastagliata, quando emerge una pinna, sembra un pescecane, ma guardando
meglio erano due pinne che ogni tanto emergevano dall’acqua, era l’uomo
del mare, ammirato dai gabbiani e da me mentre si immedesimava nell’oceano e
nel suo respiro. Maestoso l’uomo dal volto del mare.
Minuta,
di statura bassa, proveniente dalla Corea , simpatica mi ha chiesto se
parlavo inglese, ha pranzato con me e dopo avermi salutato,
zoppicando si è allontanata, eroica.
Un ramingo scapigliato esce
dalla scogliera, con un giubbotto nero a brandelli, accompagnato dal suo cane
inseparabile, cerca un po’ di cibo sulla salita panoramica ed i gabbiani stanno
in attesa.
Bellissima Finisterre, con
le tue onde blu, le piccole barche a motore,
il sole inebriante, la costa
di sabbia e rocce, il verde imperioso delle colline lussureggianti.
Le onde che si infrangono sugli scogli
Il mare che respira
Il sorgere del sole che scintilla
Il tramonto con i suoi riverberi d’oro
M E L O D
I A
Il rientro fiero dei pescherecci
inseguiti dal cigolio chiassoso
dei gabbiani.
Si libra il vento dal mare
suona le corde del mio volto.
GOCCIA DOPO GOCCIA
ALIMENTA LA FOCE DELLA VITA
COSI’ I CAMMINI DELL’UOMO
PLASMANO I TESSUTI SOCIALI DELL’UMANITA’
IN UN ATTO
D’AMORE U N I V
E R S A L E
VIA
LATTEA
Il cammino portoghese verso Santiago
“L’anima
s’apre all’armonia della vita in un ansimo di felicità”
In qualsiasi momento la tua vita
può cambiare e migliorare
“un suono magico”
portato dal vento
Cammino
portoghese
Come
in un vortice mi ritrovo in una scansione d’immagini, di destini
ineguagliabili, sognando in una stanza aperta alle stelle, che come spighe di
grano innalzano le mani luminose nel cielo, per poi tingersi d’oro.
È questa
la stagione delle rose e della mietitura, è l’ora delle partenze.
Si
illuminano i cammini di lucciole e le mie impronte segnano i sospiri profondi.
Dall’alto
rimiro l’Oceano, imponente e immenso, e poi l’atterraggio…e tocco con mano i
luoghi che non conosco. Bellissimo il paesaggio ovunque volgi lo sguardo, prendere la
conoscenza e stringerla a sé per un attimo, chiedere informazioni a chiunque
quando ti trovi perduta.
Ci
sono “angeli” anche tra la povera
gente, pronti ad aiutarti: persone di qualsiasi età e nazione pronte a “mollare” il cellulare per rispondere
alle tue domande, in una città nuova, tutta da conoscere.
Arrivo
all’aeroporto di Lisbona, abbracciata dall’alto, con i segni della sua storia
evidenti, molteplici, ricchi in ogni sua via: sguardi oltre oceano che ampliano
gli orizzonti.
La
rivedo dal diciottesimo piano dell’Olaias Parck hotel, un palazzo di vetro e
cemento, degli anni ’90 con vista su Rio delle Tejo, Rio delle Tagus: inserito
in un quartiere dal designer moderno, essenziale, bene organizzato, dove i
giovani fino a tarda sera si allenano sui dignitosi campi di calcio di erba
sintetica. Sono varie le escursioni a piedi, in autobus e metrò per la città.
Ho
ammirato e mi sono soffermata nei meravigliosi nuovi quartieri, tutti diversi:
dove i vari linguaggi dell’architettura moderna si sono espressi nella loro
essenzialità.
Dopo
due giornate meravigliose trascorse in questa città, il terzo giorno sono
partita che era ancora buio ed ho preso il metrò nella bellissima stazione di
Olaias, le cui enormi colonne ricordano le ciminiere delle navi. Sembra di
essere in una mostra d’arte permanente dove le sculture di luce dai colori
caldi ti fanno sentire in uno spazio prezioso, ricco e magico.
Fa
parte della linea rossa costruita nel 1998 per collegare la stazione di Alameda
al polo espositivo di Expo ’98.
Arrivata, dopo alcune fermate e cambio di linea alla stazione di San
Sebastiane, al giardino zoologico. Grazie a delle indicazioni di persone
deliziose e gentili, trovo il centro bus di Lisbona. Acquisto il biglietto,
prendo l’autobus per Fatima.
Attraversata
la periferia di Lisbona, si staglia all’orizzonte il mare che ci accompagna per
parecchi chilometri, poi ci si immerge in una natura sempre più rigogliosa.
Arrivata
a Fatima, vado all’ufficio informazioni, metto il “sello” e, alla richiesta di trovare un hotel per la notte, la
risposta è che non c’erano problemi per i peregrini
che qui sono bene accolti. La signora, gentile mi ha assegnato a un albergue dietro la chiesa grande.
Meditando
sul mondo e scrivendo preghiere e promesse alla Madonna per la pace nel mondo
ho trascorso una giornata tra le più intense della mia vita: svolta nel grande
piazzale, dalla piccola chiesetta aperta, formata da una porziuncola di 3 metri
per 2 , coperta da un piccolo porticato aperto su un lato, fatto di ferro,
vetro, legno, dove ho assistito alle messe.
Non
mi sembra vero di essere qui, a 100 anni dalle apparizioni.
Dopo
avere preso due grossi ceri, li ho fatti benedire e accesi in un enorme
braciere di pace per la Madonna: come richiesto dai miei colleghi ed amici di
lavoro. Ho pregato e scritto delle sagge preghiere di pace, mentre un piccolo
uccellino, delicato e gentile, ha assistito alle messe.
In
tanti percorrono i duecento metri in ginocchio per arrivare all’area
dell’apparizione dove, in una piccola teca di vetro viene custodita, la statua
della Madonna di Fatima, Madonna della
pace.
Dal
piazzale grande si accede, tramite scalinate e rampa, alla chiesa principale
che si apre in modo da abbracciare la gente che costantemente, come un flusso
sanguigno, vi si reca. Qui sono sepolti Lucia Dos Santos e i fratelli Francisco
e Jacinta Marto.
Fatima,
due maggio. Assistito alle messe, in portoghese, inglese, tedesco, francese,
spagnolo.
a tutti gli artisti perché portino un futuro migliore
a tutti i giornalisti, pubblicitari, intellettuali,
che facciano il loro lavoro con saggezza,
alla medicina,
alla ricerca, alla cultura perché
abbraccino
l’universo intero
Prego con te per la pace
Prego con te per la saggezza dei popoli,
per la solidarietà,
l’amore,
la vita in ogni sua espressione
nella via lattea e in tutti gli Universi
da un’umile peregrina
affinchè l’uomo da cera torni ad “essere”,
con umile amore
ti porto queste piccole e semplici
parole per
M. e la sua famiglia che ha già sofferto
M. che condivide con me il progetto
della speranza
per lei e le nostre famiglie
B. e alle sue mani miracolose, a lei e a tutti
i suoi familiari
tutte le famiglie e persone di questo meraviglioso
mondo in cui
abbiamo ciascuno,
parte delle nostre
radici
C. che ha molto sofferto nell’ultimo
anno e a tutti
i lavoratori di questo mondo: per una
condivisione
e partecipazione
tutti i politici affinché diventino più
illuminati
Ho chiesto che non mi dia le ali,
altrimenti mi metto a volare.
È apparsa la luna.
Sul
grande piazzale si affaccia il museo della donazione dove sono esposte le
offerte alla Madonna, la corona della pace e viene proiettata e narrata la
storia di Lucia, Francisco e Jacinta, nel contesto delle apparizioni.
Visito
anche l’enorme salone delle riunioni e preghiere e gli spazi interrati per le
confessioni, le messe e gli incontri. Tutto è in fermento all’intorno per la
visita imminente del Papa.
Alla
sera, come sempre in questo anno speciale, c’è la processione, con canti
coinvolgenti sino a notte fonda.
Dormito
in albergue del pellegrino di Fatima,
in una modesta stanza con tre letti, con una ragazza di Lubiana che ha il
ragazzo che studia con Erasmus a Coimbra, città universitaria principale del
Portogallo, e una coreana che ha passato tutta la notte a guardare film d’amore
al cellulare. Yelena, Bella ragazza, alta con i capelli lunghi rossicci, sui 23
anni, vive tra Portogallo e Spagna, fa i “cammini”
e sopravvive vendendo alcune cose che fa con le sue mani, sempre alla ricerca
di se stessa.
Grazie
del grande abbraccio, Fatima.
La
mattina, di buon’ora lascio l’albergue, “buen
camino”, saluto le amiche Yelena e la coreana dal nome impronunciabile,
passo vicino alla chiesa, gremita di canti e persone, scendo la scalinata,
attraverso il grande piazzale e la chiesa delle apparizioni, dove saluto la
Madonna e mi incammino verso la stazione degli autobus. Acquisto il biglietto
per Oporto, faccio colazione e parto.
Attraversata
la bella Coimbra, dopo un lungo viaggio arrivo a Oporto. Scesa dall’autobus ho preso il metrò direzione
“casa da musica”, un breve tratto di
strada ed ecco la stazione di autobus
internazionale.
In
attesa dell’autobus per Tuj ho parlato con due europei che abitano in Messico.
Stanno facendo un giro per l’Europa della durata di una settimana: Madrid,
Lisbona, Fatima Oporto, Santiago, zona Basca. Mi dicono che in Messico ci sono
moltissimi italiani che hanno aperto dei buoni ristoranti.
Dopo
due ore di attesa e dopo avere preso il biglietto, salgo sull’autobus
internazionale per Tuj. Riattraversata la grandiosa, ordinata, pulita Oporto, l’autobus
passa per l’aeroporto locale, ristrutturato di recente, bellissimo con le sue
linee architettoniche di alta ingegneria moderna.
Arrivata
a Tuj, dopo aver passato il fiume Mino dal ponte in ferro, raggiunta a piedi la
Cattedrale di Santa Maria che sta sul colle, ho messo il sello, sulla carta del peregrino, all’ufficio informazioni,
dove mi hanno indicato l’ Ostello in centro alla cittadina.
Qui
fa veramente tanto caldo.
Come
faceva freddo a Lisbona qui ora fa caldo…caldo e si mangia dopo le nove di
sera, quindi mi siedo nella piazza principale già gremita di persone che
prendono l’aperitivo e mangio un panino. Mi guardo attorno ed osservo tanta
bellezza, conosco tre italiani di Firenze e del lago di Garda, loro sono
nell’ostello dietro la cattedrale.
La
camera, al secondo piano è piccola con due letti a castello, la occupiamo in
due persone, io ed un’australiana di Sidney: molto alta, giovane, con i capelli
biondi lunghi, sembra una top model. Lavora come ginecologa e fa il cammino “portoghese” da sola.
In
questo ostello parlano italiano, cosa molto rara in queste zone.
L’indomani,
di buon’ora mi incammino verso O’Porrino, paese modesto, metto il sello nel primo bar che trovo e continuo
verso Redondela dove l’ufficio informazioni ha una bella sede ma non ha la
mappa del paese e non risponde alle domande che pongo.
Dopo
essermi riposata in ostello, riparto di buon’ora per Pontevedra, raggiungo il
piccolo, bellissimo e importante centro storico, metto il sello, passo dall’ufficio informazioni che qui funziona, vicino al
mercato della verdura.
Dormo
in un albergo nuovo, dove finalmente ho la mia stanza con bagno, vicino a
quello ufficiale che è poco distante dalla stazione degli autobus e dei treni.
A distinguere questo albergue è una
statua di legno a dimensione di pellegrino. Nel piano interrato si mangia del buon
pesce.
L’indomani,
la meta Caldas de Rej e Padron, poche e sbiadite sono le segnalazioni.
Continuo
il cammino e giungo alla periferia di Santiago, ho riposato un attimo per poi
raggiungere il centro storico e mettere il sello.
Non
pensavo che avendo così tanto tempo a disposizione il “tempo” si dilatasse in
modo così percettibile.
Mi
dirigo verso piazza de Galizia, e prendo una via che porta al centro storico. Prima
mi soffermo all’ufficio informazioni, dove trovo una ragazza di origine marocchina
che conosce l’italiano, finalmente.
Mi
ha prenotato una stanza all’hotel Alameda, prospicente un grande e bellissimo
parco che porta lo stesso nome, una zona paradisiaca per scrivere e meditare.
La ragazza porta il velo, come lo portavano la mia nonna e mia madre quando
andavamo in chiesa; quindi non è che le cose siano poi cambiate così tanto, ho
fatto in tempo a metterlo anch’io quando ero piccola. Ora siamo senza confini,
largo ai giovani di qualsiasi nazione essi siano.
L’indomani
mi reco a prendere la meritata e sudata compostela,
faccio un bello scivolone causa la pioggerellina sulla stradina in porfido con
forte pendenza. Assisto alla messa di mezzogiorno per i peregrini al Santuario, dove posso meditare. In questo fine
settimana Santiago è insolitamente deserta rispetto al solito: forse perché il
Papa per il tredici del mese è a Fatima, ma questa è anche la Settimana Santa.
Arrivata,
in anticipo sul programma a Santiago, oggi percorro la strada che dal centro di
Compostela, scende per poi risalire verso la “citade de la cultura”,
ripenso a quest’esempio di architettura unico nel suo genere. Rischiando di
sbagliare strada più volte, sono stata tentata di risalire la collina dai
boschi appena piantati, dotati di percorsi interessanti, ma indefiniti.
Mentre
cammino ripenso alla città globale alternativa dove l’armonia dello sviluppo
sostenibile e la mobilità rispondono alla sfida globale. Cultura, istruzione,
patrimonio, sviluppo economico, dialogo e solidarietà, sono le matrici per
proiettarci nel futuro.
Qui
il paesaggio esprime la poesia che dialoga con le strutture e la natura
artificiale.
Edifici
incisi nella montagna per dare senso al colore, alla forma della materialità;
“Monoliti” (naturali) apparenti che si stagliano sui nuovi orizzonti. Qui le
pietre perdono il ferro di cui sono impregnate, quindi la citade è un po’ scura tranne nelle parti già oggetto di restauro.
Studenti, famiglie, ciclisti, podisti, persone che portano a spasso i cani, ne
fanno la loro meta nei fine settimana.
Il
cuore pulsante qui, oggi, è la biblioteca ed il museo. Speriamo che piano piano
prenda sempre più vita. Comunque troppo spesso un grande silenzio invade questi
spazi, solo le ranocchie gracidano mentre i bambini corrono all’area dei
giochi, arrivando dai boschi del parco.
Ho
visitato il museo con una mostra dedicata agli alberi. In Galizia questo tema è
particolarmente studiato e sentito.
Passo
dallo spazio Off per ricaricare la macchina fotografica e poi vado al bar
ristorante.
Mentre
sono quasi alla fine del meritato pranzo, arriva un ciclista tutto elegante su
una bicicletta “Bianchi” che ripone con cura, poi va al bar e prende una birra,
si toglie il casco da ciclista, libera i capelli neri e mostra tutta la sua
bellezza; ripone il casco sulla bicicletta, toglie dal tavolino esterno i
bicchieri utilizzati da una madre con due figli piccoli.
Prende
con cura, dalla tasca dietro, il cellulare, compone un numero, parla con calma
e lo ripone.
La
tuta da ciclista è in tinta con la bici nera: tutta nera con inserti blu.
Dopo
cinque minuti appare una ragazza bionda, carina, sorridente, che ha qualche
anno in più, va al bar a prendere una birra e poi si siede accanto a lui. Si
scambiano dei messaggi, poi passano alle carezze ed al bacio. Lui va al bar a
prendere altre due birre e torna da lei: bellissimo ragazzo.
Pago
il pranzo, mi incammino, faccio le foto intorno alla citade da cultura e imbocco la discesa, verso Compostela. Alla fine
della discesa, passa con la bici veloce, vicino, il ragazzo dai capelli neri: sembra
felice, poi scompare in lontananza.
Continuo
il mio percorso e soprattutto la mia risalita verso il centro città di
Compostela, accompagnata da tanti deja vù avuti: ad ognuno il proprio compagno.
Il sole, nel
tempo, brilla sulle pietre preziose della Galizia
e scintilla
dopo scintilla accende i cuori di coloro
che vi
transitano
Continuando
sempre a piedi, passo vicino ad un edificio “praticamente vuoto” per
divertimenti, che si trova lungo la strada, risalgo con fatica la collina che
conduce al centro storico, fra turisti e persone del luogo.
Rientrando
dal centro storico, all’albergo, mi soffermo al parco di Alameda, mi riposo un
po’, fra le panchine con le iscrizioni di poeti che guardano alla imponente
cattedrale. Tra citazioni di Ramon Maria del Valle, Federico Garcia Lorca e
Dante, mi sento grande.
La lampara maravillosa di Ramon Maria
del Valle In clan “Rosa mistica de Piedra, flor romanica y tosca, como è nel
tempo de las peregrinaciones conserva una gracia ingenua de vijejo Latin
rimanda”
“CHOVE EN SANTIAGO
MEU DOCE AMOR
CAMELIA BRANCA DO AR
BRILA ENTEBRECIDA O SOL”
(MADRIGAL A CIBDA’ DE SANTIAGO)
FEDERICO GARCIA LORCA
Santiago
con le sue pietre piene di stelle illumina i soli, brillano i giorni e le vite
in questa città di cultura. Le camelie bianche e rosse segnano i dolci amori di
questa città.
Pero EN VERDADE CHAMANSE
Peregrinos en canto vanà casa de Galicia
porque a sepoltura de Santiago FLXOSE MAIS
LONXE DA SUA PATRIA
QUE A DE NINGUN OUTRO APOSTOLO
(vita nuova – Dante Alighieri)
Tra
queste panchine dedicate a grandissimi poeti, con questa vista meravigliosa mi
sento a casa.
La
città di Compostela si anima verso le dieci di mattina. Mi incammino verso le
viuzze del centro, incontro centinaia di ragazzini in uniforme scolastica, che
stanno manifestando.
Raggiunta
la maestosa cattedrale faccio visita a Jacopo, quando l’intenso profumo di
incenso invade la cattedrale come un velo di nebbia che veste i pellegrini.
Nel
tardo pomeriggio mi reco alla festa del libro che si tiene nel Parco Central da Alameda Santiago de Compostela e assisto ad una
interessante presentazione di un libro, con altre trenta persone.
Presenta
Mayo Irani: “la primavera persa” di Valentin Carrera di Leon, esile, dalla voce
possente indica la strada dell’integrazione, spiega i confini senza barriere,
le ragioni dell’essere, le ragioni della ricerca, le ragioni della poesia, le
ragioni del mondo.
Alla
luce dei fatti che succederanno prima dell’estate del 2017 in Iran si capisce
quanto quella scrittrice ed una mia carissima amica che ha partecipato recentemente
ad un congresso di medicina vicino a Persepoli, abbiano ragione. Mi raccontava
che i medici siriani sono molto bravi, ma che hanno pochi mezzi per lavorare:
la gente compra i pezzi e i materiali che servono per l’operazione.
Questa
gente non ha barriere culturali, come noi occidentali possiamo pensare, ma è
gente normale che parla di quotidianità e che si informa per migliorare la
situazione precaria di qualche familiare. Sono dignitosi, colti, istruiti,
preparati ma l’oscurantismo li ha ritardati materialmente.
Comunque
tutti i paesi del mondo stanno facendo i conti con una globalizzazione veloce ed
invasiva e con degli scenari che man mano svelano le proprie trame, impreparati
a quest’onda pure prevista, aspettata, non rinviabile, ed enorme come non mai
prima.
La
Pace solidale, non è così scontata, anzi. La pace va rispolverata e mantenuta
in tutte le sue sfaccettature. I diritti dell’uomo vanno riconosciuti. Le
distorsioni nel potere nella politica, non tenere conto dei parametri, dei dati
scientifici dei livelli di attenzione, delle persone può creare sofferenze e
spaccature sociali profonde in tutto il mondo.
Che
il mondo debba tornare cosmopolita è necessario perché viviamo sullo stesso pianeta
e condividiamo gli stessi spazi.
Bella
la presentazione della scrittrice, noiosa quella dei correlatori.
Poi,
cercando il libro “esaurito”, ne spunta una copia con dedica. Indimenticabile
serata: è sempre un piacere conoscere giovani scrittori dal forte spessore
etico-sociale. Ricordiamoci che il voto alcuni lo hanno conquistato poco prima
della seconda guerra mondiale, le donne dopo la seconda guerra mondiale. Non è
passato molto tempo, ma qualcuno lo ha dimenticato.
Il
corpo dell’uomo, della terra, spazi di relazione, memorie, investimenti che vanno
corretti, migliorati e organizzati in ogni momento, collettivamente, per la
sopravvivenza di tutti.
Non
ci possiamo più permettere guerre, immigrazioni incontrollate, emissioni
suicide.
Il
ripudio di ogni guerra, il considerare la guerra come controllo e come
un’esperienza, non possiamo più permettercelo.
Parlando
degli scenari strategici Americani che non hanno nulla da invidiare a quelli
dell’impero Romano, si è arrivati alla conclusione che non c’è nulla di casuale
e idilliaco, ma tutto ciò che succede è guidato negli interessi di una parte
che gioca sullo scacchiere mondiale con strategie oscure ai più e non sempre
democratiche.
Questo
è un modo di approfondire ciò che succede intorno a noi, di vedere la storia
come uno studio anche dell’economia globale. Basta chiedersi “perché”.
10.05.2017
Sveglia
ore cinque, uscita dall’albergo, alle cinque e trentacinque, direzione a piedi Plaza de Galicia, autobus per aeroporto
ore sei.
La
città è deserta sotto una leggera pioggerellina, poi si anima e ognuno inizia
le proprie attività. I taxi, numerosi attendono le persone, poi arriva il pullman
per l’aeroporto che si riempie di pellegrini, un ampio giro per la città,
arrivo all’aeroporto alle sei e quaranta minuti.
Nell’attesa di partire per Madrid
una meraviglia di pensieri mi assalgono.
tanti amici da sentire
tanti progetti da realizzare
tanto lavoro da fare
In transito tanta gente
tanti paesi
tanti uomini
con le loro valige
con i loro sogni
con le loro speranze
ognuno con il proprio cellulare, da cui
non separarsi mai e che oggi fa parte dell’identità delle persone.
Legati alle mani dal filo sottile
dell’attenzione, occupano la scena, finchè distratti si va a sbattere.
Arrivata
molto prima del volo, in quanto avevo ricevuto un sms da Iberia, di arrivare
prima perché l’Italia aveva chiuso le frontiere.
Questo
mette a disagio le persone, come lo è stata la chiusura della frontiera del
Portogallo, per l’arrivo del Papa (che tanto aveva fatto arrabbiare la Spagna),
adesso quelle Italiane per il G7.
Tanta
paura, per niente.
Fatto
il check-in, aspetto
voli per Barcellona
voli per Londres-GW
voli per Londra – ST
voli per Ginevra
voli per Madrid
voli per BG
voli per Dublino
voli per Amsterdam
voli per Bilbao
Non
ero molto soddisfatta, come l’anno scorso per il cammino francese, del cammino
portoghese, ma tutto sommato il fisico aveva tenuto, la gonalgia al ginocchio
sinistro non ha rallentato il cammino.
Assisto
ad una scena che ha dell’incredibile: una giovane marocchina, con i suoi lunghi
capelli neri, il suo velo d’ambra, imbarca il padre anziano che sta su di una
sedia a rotelle.
Al
check-in gli addetti, sospettosi, gli fanno togliere il cappotto pesante che
esaminano minuziosamente, come fanno con i bagagli. Ottenuto l’imbarco, padre e
figlia si recano negli appositi spazi di attesa, privilegiati per i portatori
di Handicap, volo per Amsterdam.
Di
lì a poco arriva una ragazza olandese, carina con i lunghissimi capelli
d’angelo dorati, di corporatura esile ma molto alta, dai dolci e misurati
lineamenti, arriva, accompagnata da una Hostess, seduta su una sedia a rotelle
per una distorsione riportata ad un piede lungo il difficile e impervio cammino
francese.
Coetanea
della ragazza marocchina, entrambe con l’inseparabile smarthphone di ultima
generazione, si scambiano idee, esperienze, indirizzi e numero telefonico.
Grandiosi
e senza muri artificiosi, i giovani di questi tempi difficili sono aperti alla
conoscenza e soprattutto viaggiano molto.
La
ragazza olandese fa colazione, si alza, prende le stampelle e va a prendersi
una bottiglietta d’acqua e con i suoi capelli d’oro illumina l’aeroporto.
Inizia
l’imbarco e loro sono le prime a salire. Buon viaggio.
Viaggiare per
conoscere, incontrare,
riempire
vuoti,
ricercare se
stessi e gli altri
un sorriso
tanti sorrisi
un
caleidoscopio
della vita
Finalmente
una signora mi chiede se vado a Milano e lì inizia a raccontarmi la sua vita.
Imelda,
della Val Trompia, minuta di fisico, 74 anni, due figli laureati, aveva fatto
più del doppio dei miei chilometri ma nel triplo del mio tempo, aveva un
fastidioso male intercostale dovuto ad un movimento brusco. Imelda ha lasciato
il proprio zaino, troppo pesante, nel settore valige e i propri inseparabili
bastoni al settore speciale (bagagli) dell’aeroporto. Imelda racconta di avere
fatto praticamente tutti i cammini compresa la via Francigena in Italia. Aveva
iniziato a fare i cammini 12 anni prima, dopo avere assistito per anni sua
madre, che le aveva lasciato una eredità che si era ripromessa di usare nei
cammini durante le primavere e nei percorsi in bicicletta (Roma, Napoli, ecc...)
negli autunni a venire.
Imelda
racconta che tutti la aiutavano e mai si è persa o scoraggiata. Ogni tanto
mangia un pezzetto di pane, accuratamente avvolto in un panno, un pezzo di mela
e racconta che alla mattina prima di fare colazione, un’ora prima beve, diluito
in acqua, il succo di due limoni (questo aiuta le ossa). Vegetariana per scelta
ogni tanto si fuma una sigaretta. Donna aperta, dal fisico eccezionale.
Si
parte poi per Madrid dove, dopo un’attesa di un’ora, prendiamo il volo per
Milano - Malpensa.
Sopra
le nuvole guardo la piccola terra che ospita questo fragile uomo che l’ha
incisa – in nome del sopravvivere e per l’illusione di vivere meglio.
Segni
che man mano che l’aereo sale spariscono alla vista. Dopo avere applaudito il
pilota per il bellissimo atterraggio ed avere recuperato gli zaini, decidiamo
di prendere il poco segnalato ed indicato treno per la stazione centrale. Scese
al piano meno uno dell’aeroporto, facciamo i biglietti, lei per Brescia io per
Peschiera del Garda.
Poi
scendiamo ulteriormente di livello e saliamo sul treno che dopo un’ora,
tantissime fermate e il passaggio in aree degradate di Milano, arriva in
Stazione Centrale. Da qui aspettiamo un po’ e prendiamo il treno per Venezia,
parlando ciascuna delle proprie esperienze:
Imelda
“una vita
dedicata ai figli, al marito, ai nipoti, alla mamma, poi la
ricerca di se stessa, affidata a due bastoni personalizzati di legno
di nocciolo che la accompagnano durante i cammini nel mondo:
inseparabili le indicano la via
Quando
il treno arriva alla stazione di Brescia, è il momento dei saluti degli
abbracci e delle raccomandazioni.
L’amicizia è una gemma preziosa
che brilla alla luce del sole
e della luna
donando il massimo di sé
arricchisce la persona
che la riceve
mentre
io scendo alla fermata successiva.
Umberto Boccioni – La città sorge -
Straverona 2017 numero 1436
domenica
21.05.2017
Alzata
prestissimo, messo l’essenziale si parte in macchina, direzione Verona. Arrivo ai parcheggi dello stadio di Verona,
che stanno vicino ad un grande accampamento di zingari, prendo la navetta
autobus, non noto la ressa degli anni scorsi, arrivo in centro a Verona,
passando dalla stazione.
Dopo
avere inviato vari messaggi alle amiche, mi incontro con Lina davanti alla
pizzeria Olivo in piazza Arena, mentre Paola non è potuta venire: amiche,
compagne di gioco sui campi della serie A di calcio femminile.
Dopo
una lauta colazione, entriamo nel palazzo della Gran Guardia dove ci iscriviamo
alla Straverona, prendo una maglietta
e i numeri da mettere sul petto. Pare ci sia meno gente del solito e non c’è la
bellissima parata sopra l’orologio di Piazza Brà.
Colpo
dell’immancabile cannone e si parte, tra i bambini che trainano i genitori, tra
la gente che porta tra le braccia il cane di famiglia che non ce la fa più, tra
scenari unici, le vie della città densa di storia. Costeggiamo il fiume Adige per rientrare poi
dal ponte vecchio, meraviglioso. Dopo una breve sosta rifocillativa si riparte
per le altre vie storiche che hanno accompagnato da sempre la nostra vita, fino
a tornare tra le strette vie nella suggestiva piazza Arena. Quest’anno abbiamo
scelto il percorso breve perché l’abbiamo presa come una bellissima passeggiata
tranquilla.
OPERAZIONE
DI CHIRURGIA PLASTICA
C’è
un filo sottile (che ironia in questo caso) che lega il chirurgo al paziente ed
è quello della solidarietà. Nell’operazione di chirurgia plastica inoltre c’era
una professionalità elevata del chirurgo che doveva ricostruire la parte destra
del mio volto compromessa da un grosso neurinoma dell’acustico.
Quindi
sopravvissuta a quell’operazione e ad una embolia polmonare successiva, grazie
all’alta professionalità della neurochirurgia, affrontata un’operazione alla
palpebra destra, ora bisogna riassestare il volto, a distanza di quattro anni
dal primo intervento ed un anno dal secondo intervento.
Dopo
una notte insonne dovuta al riacutizzarsi del male al ginocchio sinistro, mi
hanno accompagnato in ospedale per un intervento di chirurgia plastica statica alla
bocca per compensare la mancanza del VII e VIII nervo cranico. Questa scelta è
stata fatta per non mettere più a forte disagio le persone che quando ti
guardano ti vedono diversa. Insomma per evitare pietismi, incomprensioni,
ricordi.
Pare
che il volto per una persona sia una cosa fondamentale e primaria: non per me.
Guardando
dalla finestra dell’ospedale osservo le rovine delle fortificazioni dell’800, inglobate
nell’area della struttura ospedaliera, di una nuova casa di riposo, di alloggi,
immaginando la follia degli scenari di guerra di allora.
Dalla
stanza osservo la costruzione a semicerchio, con le sale da visita al piano
primo e la sala mortuaria al piano terra, antistante i depositi dei rifiuti
dell’ospedale: questo a rammentare il percorso della vita.
Dopo
l’operazione torno molto sofferente in camera, pentita di avere scelto di fare
l’intervento. Comunque, tutte le donne che si sono rifatte, hanno da oggi la
mia considerazione.
Bella
la novità della sala operatoria grande con le luci scialitiche, le termocoperte
che ti scaldano, il tapirulan che ti trasla da un letto d’ospedale a quello
della sala operatoria. Mentre con il metodo di addormentare con la maschera
d’ossigeno che ti lascia senza respiro, mi ha ricordato, quando diciottenne,
durante una partita a Milano, avevo preso un calcio allo stomaco e mi era
mancato il respiro per quattro minuti: sembra di morire.
Ma
torniamo all’operazione che è durata circa quattro ore e mezza, mi sono
risvegliata tremando come ali di farfalla e piano piano ho cominciato a
focalizzare gli oggetti, mi veniva da vomitare, ma grazie ad un fantastico
farmaco tutto è rientrato.
Una
notte davanti da dimenticare in fretta, il giorno dopo uguale.
Sentivo
che il mio volto, inciso, era tondo come la luna piena e che ci sarebbe voluto molto
tempo prima di essere ragionevolmente guardata.
La
stanza porta due letti, di nuova costruzione, ha la parete finestrata che dà
sulle camere mortuarie e sulla zona di raccolta rifiuti ospedalieri.
La
prima notte, dopo l’intervento, non riuscivo a dormire, quando verso le 3:30
viene ricoverata una rumena (che non sembrava tale) di nome Ina, che sentendosi
Mandrake (come lei sosteneva) si era arrampicata con l’aiuto di una scala sul
tetto della ex stalla, ora adibita a garage, per tamponare con una rete le
finestre al fine di interdire il passaggio ai piccioni.
Armata
di chiodi e martello, aveva finito il lavoro, quando nel rimirare il ben fatto,
si è dimenticata della scala ed è precipitata a terra da una altezza di sei
metri, vicino a delle taglienti lamiere di ferro.
Caduta
in piedi, rialzatasi, era riuscita a raggiungere la casa lamentandosi per un
dolore alla gamba. Raggiunta dopo quattro ore dalle amiche, racconta con
orgoglio quanto successo poco prima.
Viste
le sue condizioni, le amiche preoccupate la convincono ad andare in ospedale a
fare un controllo al pronto soccorso più vicino: risultato due costole rotte di
cui una ha perforato un polmone, bacino e femore rotto.
Ina
sì che ha una soglia del dolore elevata.
Proveniente
dalla Romania, ha sposato un contadino delle campagne veronesi, di sedici anni
più anziano di lei, senza figli, lei sessantaquattro anni di bell’aspetto,
capelli lunghi intraprendente e fortunata, integrata.
Se
non me lo diceva lei che trentacinque anni fa abitava in Romania, non l’avrei
capito. Sa il dialetto meglio di me. Così è trascorsa la notte, il giorno dopo
le hanno drenato un polmone e fatto la RSM e la TAC.
A
tutte le persone che incontrava raccontava con orgoglio quello che aveva fatto.
Quando
mi hanno dimesso, il terzo giorno, mi ha dato il suo numero di telefono di casa
rimarcando il fatto di quanto la vita fosse strana e che ci ha fatto incontrare
doloranti in quella stanza. Ciao Ina a risentirci.
Poi
il ritorno a casa e il lento recupero.
LE
AMICHE
Mentre
Lia stava riflettendo tra sé e sé sulle fondamentali questioni della vita e
della sopravvivenza, Giorgia scriveva una lettera all’amico e collega Ismail
Mostafa in Egitto, dove la situazione non sembra tra le migliori oggi, ma dove
la speranza deve prevalere sempre.
Trascorrono
due mesi e finalmente una meravigliosa e meritata serata al teatro romano della
città di Verona.
Dopo
avere attraversato a piedi mezza città si arriva al ponte di pietra. Maestoso
si svela il teatro romano che domina la città ed abbraccia il palco, le luci e
l’atmosfera durante il cammino ci riempiono di energia come linfa.
Attendiamo
l’altro gruppo di due amiche e finalmente entriamo, tra le pietre parlanti,
impregnate di storie, ci sediamo vicino al palco, scambiamo qualche esperienza.
Ci accomuna la passione del teatro, che
dalla notte dei tempi è nato in queste strutture di pietra lavorate ad arte,
così perfette, monolitiche, così integrate nel paesaggio, così propositive già come
struttura, a rappresentare linguaggi ricchi di significati culturali.
Tra
il vocio di tanta gente lo spettacolo inizia, si spengono le luci, in un
contenitore illuminato di luce propria i personaggi percorrono divertenti
storie quotidiane d’altri tempi.
Un ammasso dolce di sensazioni
dirompenti ci assalgono.
Ritmo,
ironia, prosa, inondano il pubblico quando le vele si alzano ed il viaggio ha
inizio.
FLUSSI DI PAROLE
CANTI DANZE
RICCHEZZE ALLE FONTI IRREQUIETE
IN RIVA ALL’ADIGE
ANIMANO LA CITTA’ DALLE CALDE PIETRE
QUANDO ABBRACCIANO IL PALCO
DALL’INTENSA STORIA
ED E’
“TEATRO ROMANO”
18.07.2017
All’uscita percorriamo il ponte di pietra, che
attraversa l’impetuoso Adige e ci fermiamo a bere un calice di vino ed acqua in
un ristorante lì vicino.
Si
fa notte inoltrata, parliamo di musica e di teatro.
Poi,
tardi ci salutiamo e ognuna torna alla vita reale di tutti i giorni.
Quattro
anni fa, quando accadde quello che doveva succedere (diagnosi tumore), mi sono
riappropriata piano piano della mia vita trovando tanta forza per affrontare il
fato.
Le
mie passioni sono diventate cogenti come le spighe per il grano: lo scrivere,
il viaggiare, il camminare, il passare del tempo con le amiche, l’impegno
costante.
Dare
sostanza alla vita è importante, credere ai propri sogni e realizzare i propri
progetti anche per gli altri è la cosa principale della giornata: del
quotidiano TIC TAC è lo scorrere del tempo che con la coscienza del dopo valuti
in tutti i suoi dettagli.
Ho
inserito il filo d’Arianna, ho lasciato i luoghi e le certezze che fino ad
allora davano quell’effimera sicurezza del vivere quotidiano, esplorandone i
confini, sconfinando alla ricerca del sé, dell’altro e del sociale.
Ho
rivisto le letture della storia, che ci avevano insegnato sui banchi di scuola,
completandole con i parametri socio-economici, strategici dominanti.
I
quadri preoccupanti della verità che è emersa sono per l’impegno attivo, la
partecipazione per un risveglio sociale solidale, ambientale responsabile.
Concetti
che davo come scontati, ma che così non sono: lo insegna la storia. I poteri
forti come il consumismo sfrenato, le paure sociali, le pubblicità invadenti, i
controlli continui e persecutori hanno portato, come non mai, a essere succubi
a non essere se stessi, ma altro.
Quindi
la mia vita di oggi è piena, cosciente e non lascia più sfuggire nessun
dettaglio e voglio vivere ogni momento.
Diventare
coscienti che il domani potrebbe non esserci, ti rende partecipe dell’adesso e
del senso di vivere, vivere sempre.
Martedì
1° agosto
Carlo Carrà – I nuotatori -
Sono
le 3:45 del mattino, mi alzo, mi vesto e parto per la spiaggia delle Muse a
Sirmione, vicino all’abitazione del grande poeta Catullo. Parcheggiata l’auto
sul lungolago, mi incammino verso il ponte vicino al castello.
Alle
cinque del mattino è ancora buio ed è bello vedere Sirmione deserta in questo
periodo: ma solo perché è ancora notte.
Incontro
delle persone che stanno confluendo alla spiaggia delle muse per ammirare
l’alba sul lago accompagnata oggi dal rock italiano anni’70. Nessuna amica è
stata disponibile a venire a vedere lo spettacolo: chi per lavoro, chi per
pigrizia.
Se
era qualche anno fa non l’avrei mai presa in considerazione nemmeno io. Il
tempo fantastico, il luogo meraviglioso.
Ho
scattato tante foto che ho inviato alle amiche impegnate e/o pigre. Quest’area
è magica, dominata dal vulcano del monte Baldo, in profondità al lago ancora
zona attiva.
Mi
ricordo quando avevo cinque anni e mi alzavo alle quattro per andare a caccia
con il mio papà. Ero alta come l’erba nei prati ma mi sentivo un gigante. Il
sapore dell’erba umida, gli odori, il passo deciso, il ripetuto fischiare, il
lavoro incessante dei cani da caccia, lo sparo e la cacciagione conquistata con
fatica.
Mi
alzavo alle cinque di mattina, quando, diciottenne, facevo pratica in uno
studio d’architetto di Desenzano del Garda.
Ho
abitato lì per un’estate intera ed ho preso le usanze dei residenti: alzata
presto all’aurora, passeggiata sul lungolago, colazione e poi al lavoro dopo
aver gustato l’alba con i suoi riverberi sull’acqua.
E
la sera, dopo il piacevole lavoro, passeggiata sul lungolago, spesso mosso, ad
ammirare il tramonto, in compagnia di un’amica.
Ricordi
ancora vivi nella mia mente.
Il rumore dell’acqua
il profumo sulfureo profondo
gigante il Baldo
domina il lago
i colori dell’aurora
che si stemperano piano piano in luce
mitigano le stelle
L’alba
si fa forte e prevale con i suoi riverberi, sulle calme acque i gabbiani si
attivano e volano sulle onde. Dalla rupe Catullo osserva i bagliori che
riflettono come diamanti “la via lattea”.
Un
tam-tam accompagna il cammino alla spiaggia delle muse, incantati i passi si
mescolano al rinfrangere dell’acqua come un respiro profondo che viene dalla
profondità del vulcano irrequieto nella profondità, ma dormiente in superficie.
La
voce del lago, forte e continua, accompagna le musiche degli anni settanta
mentre si fa giorno pieno. Finito il concerto faccio il giro panoramico della
penisola ed ammiro e respiro la natura.
Il
gusto degli uomini pigri che si animano, come gli animali, alle prime luci del
giorno.
Sento
i vocii lontani, dei primi uomini che qui si insediarono sulle palafitte che
circondavano la penisola, la cultura portata dai romani e dagli altri popoli
che come me hanno vissuto e lasciato le loro tracce in questi meravigliosi
luoghi.
Mi
hanno chiesto di andare in Turchia a fine agosto.
Con
grossa sofferenza ho dovuto dire di no per motivi di lavoro. Però con la mente
sono tornata al viaggio fatto nel 1977 nel mese di luglio ad Instambul, ero
incinta da circa un mese ma non lo sapevo.
Partiti,
la prima notte abbiamo dormito in auto con, sullo sfondo, uno splendido paesaggio
e le luci della città di Dubrovnik.
Un’alba
fantastica, la strada trafficatissima e dissestata: sono moltissimi i turchi
che lavorano in Germania e che fanno avanti e indietro durante l’anno dalla
Turchia.
Grande
e meravigliosa la città di Istanbul, ci siamo accampati in un campeggio al
limite della città che poi abbiamo visitato con grande intensità.
Bellissima
la vista sul Bosforo, il ponte che collega due mondi, la storia che abbiamo
condiviso. Intenso il traffico dei veicoli in città, sembrava di essere a
Napoli, poche le auto che osservano i semafori e gli stop, grande anche l’avanti
e indietro delle navi, un sentire e un palpitare continuo.
Tornarci
sarebbe stato grande, nel sogno sarei andata oltre il tempo, oltre il Bosforo a
visitare la tomba del fratello di Catullo. Tutta la parte ad Oriente: gli
incantevoli laghi e la costa densa di storia.
Una
città poliedrica, unica, con il prezioso Topkapi, i minareti le grandiose
moschee e la sua essenza di sentinella.
Istanbul
Scintillano i suoi tesori
rubini, smeraldi, diamanti,
gemme preziose
rispecchiandosi nelle irrequiete acque
MINARETI, SUK
COLORI E ICONE D’ORIENTE
presenze dell’umanità
Metamorfosi di linguaggi dove natura e
civiltà si fondono in sfaccettature poliedriche. Qui si percepiscono le
presenze dell’umanità, segni e particolari, grandiosità e ricchezza in un
crescendo di popoli, di culture diverse che si incontrano e creano meravigliose
realtà.
Sul
fare della sera di mezzo agosto, dopo avere parcheggiato l’auto vicino al parco
giardino “Sigurtà” dove nella serata doveva tenersi un concerto. Mentre
aspettavo l’arrivo di alcune amiche ho ascoltato, il pre-concerto in cui il
coro e gli artisti provavano le voci e gli strumenti.
Poi,
per insolito destino sono dovuta andare a recuperare le amiche che erano
rimaste a piedi.
Mai
arrendersi.
Dopo
una cena deliziosa abbiamo assistito a un bellissimo concerto.
Spoglio si mostra il giardino a fine
inverno poi piano piano si veste di vari colori dal verde al rosso per
culminare ad aprile con un’esplosione di colori, i tulipani. Le coloriture
proseguono con i giacinti, le dalie, le rose, le ninfee. Il bosco all’intorno
fa l’inchino al passaggio dei visitatori e partecipa al tripudio d’esplosione
dei mille colori dalle sfumature dei diamanti. Ad agosto quando il caldo si fa
imperante la musica avvolge il parco, la gente si riversa verso il palco e
partecipa con fervore allo spettacolo. Si accendono le luci e inizia il Tam Tam,
prende vita una serata circondata da persone amiche che passa all’istante come
tutte le cose belle, fa sentire la vita importante e apportarvi ricchezza non è
fatica.
(a novembre si toglie il mantello e va
in letargo)
Lisa
mi chiama insistendo come non le è consono, e dopo un po’ si sfoga dicendo che
è venuto a mancare suo fratello di 53 anni per aver ingerito un boccone di
dolce che l’ha soffocato.
Un
velo di tristezza e incredulità le faceva vibrare la voce.
Quanto
insolitamente la vita è appesa ad un filo: lo aveva salutato qualche minuto
prima ricordando che sarebbe tornata a trovarlo la settimana dopo.
Segnata
dalla perdita recente della madre e dalle cure chemioterapiche della sorella,
tutto questo è difficile da affrontare, ma le amiche servono anche per questo.
Ricordo
i vocii e le urla dei tifosi, di quando si giocava sui campi della serie A. Gli
scontri con le grandi squadre, eravamo come una famiglia. Arrivavo con il treno
Mantova-Verona, dopo la scuola, prendevo il bus fino a Porta Vescovo e
l’autobus fino a Tregnago.
Alla
sera si faceva allenamento, la doccia, si mangiava e si andava a letto stanche.
La mattina prestissimo, il profumo del pane appena cotto inebriava la stanza,
un assaggio e via con l’autobus, il bus, il treno studiando le lezioni del
giorno precedente.
La
scuola, le amiche, di nuovo ginnastica il pomeriggio alla “Libertas” e il
ritorno a casa la sera. Le partite alla domenica.
Dal
letto a forma di nuvola i sogni prevalgono sulla realtà alla luce della luna.
Un
teatro invisibile e del nulla che è fermo, appunto – nulla dice.
C’è
gente che per sfogarsi, trovare amici, per illusione, partecipa con un regista
che è chiuso in un teatro buio la cui luce disturba il silenzio.
Tu
che porti irrequietudini, solidarietà e idee, scompigli l’ambito, vuoi dare
segnali, un’identità al nulla. Un ripetere del ripetere ripetuto.
NULLA
NULLA
HANNO DA DIRE.
Tritare
e ritritare solo cose vecchie senza affrontare l’attualità.
Nascondersi
dietro un paravento per sentirsi meglio, non è il momento non abbiamo più tempo
per piangerci addosso, non ora.
La vertigine
trasporta le immagini nell’ologramma deriso dalle paure con slancio, appeso ad
un raggio vibra la sua anima nel sole giocando con la storia.
Esperienza
come “madonnara”
Nel
pomeriggio precedente il ferragosto, in un borgo sull’ansa del fiume Mincio,
dove si erge maestoso il Santuario di Grazie, centinaia di “Madonnari”,
provenienti da tutto il mondo imprimono le loro opere, dedicate alla Madonna”,
sull’asfalto antistante il grande piazzale. Condividendo la notte, gli artisti
di strada instancabili portano a compimento i loro dipinti eseguiti con i
gessetti.
Tutti
gli anni si ripete questa festa, con migliaia di visitatori che vengono
appositamente ad ammirare i dipinti, la chiesa con appeso il coccodrillo,
l’icona della Madonna delle Grazie.
Anch’io
ho partecipato nel 1979 a questa manifestazione insieme a Marina (la mia
correttrice di bozze), dipingendo un Cristo Crocifisso di cinque metri per tre.
Era una delle prime opere che non rappresentava una copia da quadri famosi ma
era originale: una delle notti più belle e calde passate su questa meravigliosa
terra.
Ora
ci siamo ripromesse che torneremo a fare le madonnare, ancora per una notte
nella vita, avendo già deciso cosa dipingere. Il bozzetto è solo da stendere:
faremo una Madonna, una madonna con un bambino ma ispirandoci alle attuali
realtà che ci pervadono e che ci angosciano.
In
fondo i loro colori che si stemperano con la pioggia e poi scompaiono, sono
come i nostri giorni : tavolozze che si sciolgono e scompaiono lasciando solo
una traccia appena accennata.
Mentre
la mia mente spazia nella stanza alla ricerca di nuove idee, squilla il
telefonino.
La
vita è tanto breve che va solo apprezzata, migliorata e l’amore verso gli
altri, da vivere in ogni attimo, riappropriandosi dei propri spazi, delle
proprie passioni, dei sogni. È un arricchirsi di sensazioni, emozioni.
Una
cartolina datami da un ramingo a
Finisterre, durante il faticoso cammino Francese, inneggia alla pace e
raffigura una colomba con un ramoscello d’ulivo. L’ho piegata in due ed
all’interno ho messo una stella marina raccolta vicino al porto.
Questo
ricordo illumina la stanza e mi riporta all’Oceano, agli stridii dei gabbiani,
ai peregrini sempre in cammino.
Chissà come sta la bambina dai capelli dorati che sul fare di mezzogiorno
veniva portata dai parenti ed amici festanti, a gustare il sapore del mare. Il
vento mi porta questi ricordi impregnati di salsedine e dal faro rimiro gli
orizzonti infiniti. Oggi ho sentito Stefania, che quattro anni fa è stata
operata di meningioma, rioperata un anno fa, anche se io spero sempre in una
sua ripresa. Eravamo compagne di stanza nella prima operazione ora è ricoverata
in una casa-struttura in quanto non riesce più a camminare, ma la speranza non
la abbandona mai. Seguita dal suo compagno, da sua sorella, con regolarità, una
sua amica filippina di nome Carmen, la va a trovare durante l’estate perché è
in Europa a seguire i tre figli: due abitano in Italia e uno in Inghilterra.
Durante
i mesi invernali Carmen segue il figlio che abita nelle filippine. Così penso
come, dopo l’operazione al cervello avuta nell’ottobre del 2013 e la conseguente
embolia polmonare, anche la mia vita è cambiata, si è evoluta come una parabola,
senza più inibizioni, senza paure, senza remore.
Parlando
a cena con alcune amiche, che si sono recate recentemente in Iran, per lavoro,
erano state stupite dalla grandezza e da ciò che emanava Persepoli “la culla
della civiltà”, tanto che vi sarebbero rimaste “per sempre”.
Nonostante
fosse imposto loro di portare il velo, avevano notato la grande socialità,
solidarietà e cultura di questo popolo.
Noi
occidentali, pensiamo che l’Africa e l’Asia minore siano popoli molto
arretrati. In realtà le città sono in piena espansione, da decenni, i bambini
vanno a scuola, hanno la televisione, le parabole imperano.
E’
anche vero che girato l’angolo della strada nuova e lussuosa ci si può
imbattere in ghetti e/o misere case, ma queste sono dignitose.
Nella
mia stanza, rimembrando
Carlo Carrà – Donna al balcone -
Al
ritorno dal lavoro lungo la strada osservo nel passare, una casa che nel tempo
della felicità era piena di fiori colorati, di grida di bambini e di buon vino.
Immersa in lussureggianti verdi vigneti. Ricordi lontani coperti da neri
presagi, eventi che l’hanno spogliata.
Il
figlio buono ha pagato con la vita i gravi errori di un padre avido e senza
scrupoli. Volgo lo sguardo e ora vedo la casa spoglia nel silenzio del tempo.
Francesca,
colei che oltre le sue positività esternalizza le sue paure.
Rivela
agli altri le sue debolezze fisiche e psichiche: il fatto di fare aborti
spontanei e quindi di non riuscire ad avere figli, di litigare spesso con le
amiche di sempre non tenendo conto che le persone nel tempo cambiano. Nel non
fidarsi più, di rapportarsi con la famiglia allargata che comunque le vuole
bene ma non ha più vicino perché il padre si è accompagnato con un’altra donna
e la madre adottiva se ne è andata in un’altra famiglia.
Porte
di legno, in un puzzle, che sono state sostituite da fragili porte di vetro
dove gli attori se ne sono andati.
Porte
comunque cieche ai passaggi. Contenitori fragili. Comunicazioni che cercano
invano di ricollegare sentimenti sfilacciati e frammentati.
Se
il giorno si sta sfilando, ineluttabile arriva la notte.
Scandisce
i
tuoi passi
che come acqua
scivolano lontano
che come soli
illuminano i selciati
che come fiori
ricoprono le strade
La
mia generazione che sta nella terra di mezzo tra l’era industriale e l’era
digitale può vivere anche senza smartphone o cellulari, tra le righe di un
semplice libro. A domanda l’era digitale risponde, una semplice conquista.
Ho
risentito Florina, sei mesi dopo l’operazione di chirurgia plastica, sta bene
anche se ha ancora due costole rotte e la gamba che le fa male. Nonostante
questo, temeraria come sempre è salita sul tetto del garage ancora per due
volte ed ha sostituito la rete antipiccioni con delle assi. Adesso è super
contenta e fiera di sé. Le ho dato i miei numeri di telefono, sono certa che mi
richiamerà. Grande Florina.
Tornando
a noi, la lezione imparata è continuare a
fare, con prudenza ma essere sempre attivi: Florina lo è anche troppo.
Progettare
gioielli
Quando
vado a Firenze attraverso il Ponte Vecchio, che sin dal Rinascimento ha le
botteghe degli Orafi, dei Gioiellieri, degli Argentieri. Ammiro le forme dei
gioielli, delle collane, degli anelli, delle spille che stanno in bella mostra
e mi rammento la mia visita al museo del Topkapi ad Instanbul, un complesso di
palazzi, residenza e centro amministrativo per quattro secoli dell’Impero
Ottomano. In particolare mi ha affascinato “il mondo
delle gemme” dove mobili, suppellettili, oggetti, pendenti, pugnali,
gioielli ornati di smeraldi, diamanti, rubini, turchesi e altre pietre preziose
fanno bella mostra di sé. Un tesoro tra i più belli al mondo. L’arte del
gioiello mi ha affascinato.
A
palazzo Grassi, a Venezia, dove si andava spesso a vedere varie, propositive e
bellissime mostre sull’arte orafa di vari popoli, etruschi, barbari, egiziani,
ho imparato a conoscere questi popoli attraverso l’arte che hanno prodotto.
L’arte
del gioiello ha attraversato e accompagnato l’uomo per migliaia di anni.
Premetto
che, il mio desiderio è di esplorare qualsiasi ambito sociale, anche quello più
ludico, “frivolo” ma pur sempre creativo dell’uomo, che lo ha sempre
contraddistinto nella storia.
Durante
il cammino di Santiago la mia mente, in una mattinata buia e fredda, ha
incrociato ed ammirato la via lattea.
Fulminata
da tanta intensità di splendore ho deciso di elaborare una linea ad essa
dedicata; dopotutto siamo parte stessa di questa galassia.
Dopo
avere cercato di accreditarmi, tramite chi vende gioielli per potere visitare “Vicenzaoro
september 2017” e non essendoci riuscita, ricordando che sono architetto, mi
sono accreditata ed ho avuto subito il biglietto, per tutti i giorni della fiera…incredibile:
mai arrendersi davanti ad effimere chiusure.
Sono
sicura che a Vicenza Oro mi sentirò fuori luogo, ma sarà mia cura esplorare i
materiali, le tecniche, il designer ed i mercati. Tra scintillio e sfavillio
tanti luccichii, poca arte. Bellissime le pietre preziose esposte.
In
fondo si sente la crisi
Vicenza
oro rappresenta oggi l’industria orafa, con i suoi distretti di Valenza,
Vicenza, Napoli, Torre del Greco, Arezzo, Firenze.
Vicenza,
dove il grande orafo, incisore, medaglista Valerio Belli, si è espresso nel
rinascimento ai massimi livelli.
La
figura del Designer, dal quale nascono nuovi gioielli e collezioni moderne.
Oggi
quest’arte si deve riappropriare della filosofia di vita, mantenendo la sua
forza creativa.
Terminato
il designer della via Lattea, ho creato il blog ed ho creato la collezione “la via lattea”, inserendola in una
scenografia di statue fatte a sagoma femminile, in profili sottili di acciaio,
realizzate dal grande artista Ernesto, mio
padre. La scenografia, con le statue è proiettata in un giardino paradisiaco,
nel quale sembrano sfilare davanti al suo mausoleo.
Un
uomo, ogni uomo è un frammento di universo. Alcuni, però riescono a vedere con
occhi diversi il mondo che li circonda e queste loro immagini le fissano in
opere che permettono anche agli altri uomini di intravedere ciò che per loro è
così chiaro. Questi uomini sono speciali. Di loro spesso non si capisce il
percorso e le parole che dicono. Sembrano oscure ma le loro mani lavorano i
materiali e nelle Opere tutto si chiarisce. Una scultura si può toccare,
vedere, ed essa comunica quell’Universo nascosto, è un segno che incide
l’eternità della quale abbiamo una così struggente nostalgia.
Quando dai vita
al ferro, alla pietra, al cemento, al legno
Quando incidi con il fuoco
la materia
La vita
prende a pulsare
come tanti Universi
a cui regali
S U O N I
MERAVIGLIOSI
La forza che sgorga
dalle tue mani
non sarà vana
ma dell’essere presenza-traccia
nella ricerca della speranza
Nel
blog abbiamo inserito un programma, dove si possono vedere tutte le bandiere
legate ai visitatori del blog. Si è emozionati nel guardare le cinquanta,
cento, centocinquanta, duecento nazioni, da cui la gente si connette con tutto
il mondo. Cliccando sulla bandiera c’è tutta la storia.
Stiamo
lavorando alla collezione “Andromeda”, nome che ci ha sempre affascinato.
Rimirare l’universo, studiarne i misteri, ci attrae, è parte di noi. Si sta
anche lavorando ad altre collezioni: M33, Andromeda, B., D., S., P.
L’arcobaleno illumina l’orizzonte
e riscalda con i suoi
c o l o r i
dalle mille luci
l’anima della gente
che vi si rifugia
“le case dell’arcobaleno”
Un
grande semplice progetto
Un
progetto”le case dell’arcobaleno” da supportare con una fondazione di ricerca,
pace, poesia. Una comunità residenziale indipendente ma con servizi comuni, per
le persone che hanno bisogno e che lo stato spesso egoista e distratto non
riesce ad aiutare. Un semplice aiuto di transizione, un microcredito di
solidarietà, verso l’orizzonte dell’autonomia.
Un’aiuto
alla ricerca perché il domani sia migliore per tutti. Un impegno costante per
la Pace, perché la sopravvivenza non è scontata ma va guadagnata e mantenuta di
generazione in generazione.
Al
lavoro incontro Massimo, figlio di due continenti, cittadino del nuovo mondo
(italo-brasiliano), frenato da questa devastante crisi, è di bell’aspetto,
ambrato, gentile e un grande lavoratore, disilluso della vita. Ha interrotto
gli studi universitari, in quanto economicamente insostenibili dalla famiglia.
Ha trovato dei lavori a tempo determinato, ed è in una di queste pause che è
venuto a trovare i suoi amici del servizio civile.
Massimo
mi ricorda tutti i numerosi giovani italiani che ho incontrato lungo i cammini
spagnoli e che hanno problemi di trovare un lavoro dignitoso, che dia loro un
futuro.
In
un pomeriggio terso, sono andata a trovare Elena, nata a metà del secolo
scorso, anni sessanta portati bene, di bell’aspetto come sempre, anche se la
vita non è stata generosa con lei. Figli e nipoti lontani che non si può godere
come meriterebbe, marito parassita prima inesistente, dopo le ha tolto la casa,
la dignità che la contrassegnava.
Lei,
che ha passato i migliori anni della sua vita tra fabbrica e famiglia. Poi ha
dovuto rinunciare al lavoro per curare l’anziana e malata madre. Poi il ripiego
da “badante” rispettosa e meravigliata dalla persona da servire e con la quale
condividere anni e anni di vita.
Perduto
questo vitale riferimento si è persa in un mondo senza valori contraddistinto
dai soli averi e che tutto le ha tolto.
Ma
lei mantiene orgogliosamente, nonostante la sua accentuata depressione, vigore
e speranza: sempre più aggrappata alla vita, ai ricordi e alle giornate passate
in solitudine trascorse nei boschi delle colline a contatto con la natura che
nulla chiede.
Casualmente,
al supermercato incontro Roberta, elegante e sensuale come sempre, di famiglia
benestante, una persona amica con i piedi per terra. Lavora nell’ambito della
moda traendone il vantaggio che è bello ciò che piace a prescindere dalle disillusioni.
Un immenso abbraccio. È bello ripensare ai ricordi della gioventù.
Mi
ricordo anche di Lara, la più bella e curata, dai lunghi capelli rosso fuoco,
poteva ambire ad essere un’attrice tra le più grandi, ne aveva le potenzialità
ma non la volontà.
Si
è forse lasciata trascinare dal destino.
Accompagnata
ad un uomo molto più anziano di lei, hanno avuto una figlia, Debora, con
problemi di disabilità mentale grave, che non riusciva all’inizio ad accettare.
Specializzata nel recupero di persone disagiate. Dopo anni l’accettazione e la
quotidianità si fondevano in sofferti vissuti.
Giuliana,
dai tratti delicati, bambina sempre allegra con il suo grande sorriso e i
capelli biondi.
Stefano,
il musicista che da bambino con i suoi occhioni azzurri e capelli biondi, dallo studio del pianoforte
è passato alla chitarra acustica, voce ed al basso, senza sapere che la musica
avrebbe tracciato inesorabile il suo destino e riempito la sua vita.
Oggi
gira il mondo dando concerti e cantando le sue canzoni. Era un grande amico che
mi ha trasmesso la passione per la musica.
Dalle
canzoni anni ’70-’90 sentite per radio o jukebox, si va a vivere e conoscere la
musica negli stadi, nei palasport, nelle Arene, in autodromi, all’aperto.
Tutto
è iniziato negli anni novanta quando al Forum d’Assago ho assistito al mio
primo concerto da spettatore, gli
Aerosmith.
Ho
incontrato il cantante Tyler, un’ora prima del concerto nell’area shopping dove chiede che cos’è quella pelle molto morbida. Una
pelle d’agnello, rispondo in inglese. Mi ringrazia e fa un autografo, mi sento
quasi svenire. È poi tornato in sala prove insieme al chitarrista Perry.
Scortati da due enormi buttafuori.
Sono
stati alcune centinaia i concerti a cui ho assistito successivamente, ma mai
emozionanti come questo incontro.
Ho
ripercorso e condiviso tutta la musica “moderna”: dal rock, funk, soul, music,
blues, rhythm n’ blues, al pop al pank, all’hevil metal, al darc, punk.
Concerti
dove energia, protesta, poesia, arte, espressioni, amori prevalgono e donano
qualcosa sempre.
Canzoni
nell’aria, sogni liberi pieni di suggestioni come meteore di vite portate dal
vento.
Cercati
Costruisciti
Non lasciarti morire
Mai
Sopravvivere mai
ma passare oltre le barriere poste
……….
Volti sovrapposti
Soli
Solo sovrapposizioni
IIIIIIII
bande sonore
abbiamo dimenticato che proveniamo dalla
storia
e
che continuiamo ……………………………….
Correnti
alternative, impulsi, quantità di luce che riverbera nello spazio. Portano a
vedere lontano con gli occhi dell’aquila. Annuisce lo spettatore sulle sue
origini. Multisignificante nei suoni e nelle voci. Assordante all’inverosimile
e coinvolgente.
Spettatori che colgono orchidee
selvatiche per il nuovo giorno.
Tesori riposti nei deserti
Vegliando sull’orlo dei precipizi
Strappando applausi
Quando
poi la musica si trasforma in poesia non sento più il giorno, la sera, i
colori, i suoni, i miei abiti di polimeri saturi, la mia vita fatta di schermi.
Il respiro si fa vivo nel calore della festa si tinge di rosso la sera, si
disperdono le armonie scordate. I circuiti come stanze ne impediscono la vista.
Derubano il mio amore dominando la notte buia. Cori di voci mai sazie, che
rincorrono tante vite fatte d’amori, di delusioni, di gioie, di spazi tra la
folla, un tappeto fiorito di persone in un’oceano ondeggiante in cui
immergersi.
Dal rock pieno di speranza dei primi poeti
che con le loro voci stridule, urlanti, spesso gridate piene di suoni e di
valori. Lungo le strade, tra le piazze hanno tracciato nuove idee,
contestazioni, rivoluzioni che sono implose, scommesse messe a nudo su
stereotipi e vuoti nei ritorni d’immagini. Sempre in ascolto.
Trascinati
nella musica che diventa penetrante, essenziale quando l’applauso si fa
universale.
Dove
il sogno viene ri-presentato, il sentimento e la ragione la fanno da padrone.
Il vecchio mondo della musica si ripropone con nuove vesti nell’impoverito
contesto d’oggi, riverberando di luci proprie il cammino della musica. Tra
angeli & demoni del rock, spuntano esistenze scomode, emarginate e spregiudicate
delle rassicuranti e patinate immagini delle pubblicità. Un pubblico spesso
scarico in cerca di stimoli e ricariche.
Esplosioni
soniche, con chitarre distorte all’ossesso per creare un muro di rumore
compatto e implosioni melodiche, attraverso l’uso distorto della tecnica e
della tecnologia, una sorta di destrutturazione del rock.
Nei
miei ricordi la ragazza tatuata di serpenti, magra, consumata dai pensieri e
dalle droghe, s’avvolgeva ai corpi degli amici, con vigore, qualche sguardo per
gli altri ma nient’altro.
Il
clown, un simpaticone brillo di birra che canta sull’erba e fa apprezzamenti
tutt’intorno per attirare l’attenzione. Dove birra, spinelli, panini e coca
prendono il sopravvento sulla ragione.
Come
graffiti dell’anima che vengono a galla portati dalle onde sonore mai sazie
degli antipodi, nell’emergere spirituale dell’introspezione. Dove spesso i
palchi sfavillanti di simboli e alchimie vogliono rappresentare l’anima dei
gruppi di turno, dove le parole sono semplici e complici del sopravvivere nella
società.
L’industria
e l’archeologia della musica si è spesso evoluta nell’universalità del suo
futuro. Passato e futuro che spesso si immerge nella ricerca di alcuni gruppi
musicali.
Dopo queste ricche esperienze, so cosa voglio
un mondo senza veli (cesure)
senza conflitti
senza guerre
che crede nel futuro per tutti
nella ricerca
nella scuola
nell’arte
nella scienza
nella musica
il pane, il lavoro, la dignità, la libertà, il
rispetto portino tanto amore. Un mondo migliore, identità, tanti volti diversi,
in pace in un universo sempre alla ricerca.
Stefi
Stefi,
per alcuni giorni, la mia compagna di stanza in ospedale, con la quale ho
condiviso solidarietà e ricordi di una vita.
Solare,
forte, orgogliosa, raccontava del suo paradiso ma anche dell’uomo che le aveva
sottratto i figli, umiliandola e scaricando su di lei colpe che non aveva: in
sostanza quello di essere nata donna, con tutti i pregiudizi che una società
dominante maschile ha nel d.n.a. Una donna che le donne, poco sociali per mancanza
di storia, di tempi, di cultura, di indipendenza economica, per vulnerabilità, non
difendono e non aiutano più di tanto.
Una
vita di sofferenza, due figli cresciuti, con il cuore e l’amore di una madre,
ma un uomo che non la rispetta. Quando, dopo una prima operazione affrontata,
ancora in giovane età, ecco l’esplosione di un nuovo subdolo male. Stanca di
subire, ha guardato il sole negli occhi, con l’illusione e la convinzione
comunque di una vita difficile ma migliore: vivendo in autonomia con il duro
lavoro delle sue mani, con dignità, libera.
La
sua grande umanità e l’amore per la vita l’ha accompagnata in questi quattro
anni di speranza, seguita dal suo anziano ma sempre presente compagno e dalle
sorelle. Il male l’ha portata con sé in un uggioso giorno d’inizio anno nuovo,
mentre si festeggiava il capodanno.
Voleva
solo vivere ancora qualche anno, tornare a camminare, a parlare, ad abbracciare
i figli che amava tanto.
Un profumo d’orchidea
riempie la stanza
la speranza
irradia la sua luce.
L’immagine
di un libro oggi, non è più tra gli scaffali polverosi di un archivio o di una
biblioteca ma sui pallet degli ipermercati, in bella mostra tra detersivi e
vini pregiati, alla mercé dei lettori distratti.
Oppure
via etere, nella rete dove tutti possono esprimersi, se hanno qualcosa da dire
o creare. Comunque possono disperdersi come le reti nell’oceano.
Delle
isole che appaiono e scompaiono. Mattoni riposti a memoria.
Andando
a trovare un’amica che colleziona bustine di zucchero, migliaia e migliaia,
tutte riposte con cura negli appositi raccoglitori, tutti uguali ordinati su
dei bellissimi scaffali, senza un filo di polvere e che si diramano dal
soggiorno all’enorme cucina, ha risvegliato nella mia memoria le varie
collezioni: di francobolli, di monete, di CD, di giornalini. Ma le raccolte,
dove abito sono tutte raffazzonate negli armadi e piene di polvere.
Mi
sono riproposta di metterle in ordine iniziando dai francobolli, e di farle poi
valutare, riponendoli in dignitosi raccoglitori. La passione per i francobolli
è iniziata negli anni ’80, grazie all’Ing. A.N., che quando lavoravo al comune
di Mantova faceva il consulente dell’Ufficio. Mi parlava spesso dei
francobolli, di cui era un grande esperto. Raccontava spesso la storia di
quando c’era la guerra e lui era ingegnere del Genio. Poi, il passaggio al
Comune di Mantova dove era stato capo ingegnere. Aveva inoltre fondato e
coordinato la sezione di Mantova dei Boy Scout, attività che lo aveva impegnato
per tutta la vita. Mentre riordino e ripulisco i cassetti dei francobolli trovo
una sua lettera del marzo del 1994, in cui mi inviava dei francobolli, che
regolarmente prendeva dopo averli prenotati da un’agente. Tutto questo perché
dal 1993 da dipendente del comune di Mantova sono andata a lavorare al comune
di C., con grande meraviglia dei miei ex colleghi.
A.
sapeva la storia di ciascun francobollo, ne narrava la storia e l’arte
racchiusa, la bellezza e le imperfezioni di alcuni, che così erano diventati
unici e rari. Oltre ad essere stato un grande amico è stato anche un grande
saggio e maestro, per più di dieci anni mi ha aiutato nella raccolta di
francobolli. Me lo ricordo ormai in avanzata età, ricurvo dal peso degli anni,
un passo pesante ma inesorabile, i suoi occhi vispi, i racconti audaci, la
borsa nera immancabile: in cui riponeva le vecchie pratiche da sbrogliare e da
chiudere.
Rimiro
ora la lettera che ha faticosamente battuta a macchina, ma ancora piena di vita
e forza.
Epilogo
Ci sono
momenti in cui vorresti che il tempo passasse velocemente, cioè quando soffri,
ma in realtà in quei momenti procede lentamente e i giorni si vestono di anni.
Mentre quando sei felice il tempo scorre velocemente tanto da vestirsi
d’attimi.
Persone
speciali e sincere che nell’arco della tua vita conosci solo per pochi attimi,
in occasioni speciali, come un viaggio, una malattia importante ma che poi
porti nel cuore per sempre.
Un
corpo che sente le relazioni quotidiane dell’uomo, della terra: unico spazio di
relazioni tra noi esseri umani, investimento “teriomorfo” della figura umana
che va migliorato, in parte corretto e organizzato collettivamente, per la
sopravvivenza di tutti.
I
piani strategici vanno snelliti, ampliati, applicati, rivisti alla luce dei
dati sensibili della terra in una ricerca continua di avanzamento equo-solidale
del presente, futuro, senza sottovalutazione, con lo spirito di essere immersi
nel tempo e nello spazio reale, della visione dell’esistere.
Un
mutare in meglio che può diventare sostanza che dura, che mantiene l’essenza
stessa ”civiltà” che si rivela impietosa di una congiuntura spesso miope nei
confronti della realtà.
Energie
e impulsi da ritrovare – intenzionalità del fare- che accomuna e fa condividere
gli spazi comuni. Mediazioni e
concretezze da accompagnare, responsabilità o la loro irresponsabilità.
Morale
e buon senso nella conquista di un domani migliore.
Una
violenza-resistenza che caratterizza questa generazione disattenta, a costruire
giorno dopo giorno valori civili, universali che coinvolgano tutti.
Un riverbero di luci inonda le facciate
delle città, dai segni multicolori nasce l’arcobaleno.
OBIETTIVI
Un
analizzare, riflesso in un percorso sociale di sessanta anni proiettato in
avanti.
ATTIMI
QUESTA E’ LA MIA VITA
SEMPLICE
ESSENZIALE
CREATIVA
POETICA
NARRATIVA
SOLIDALE
IMPEGNATA
Personaggi:
ANGELO (IL NARRATORE)
ELETTRA (SOTTOVOCE)
PETER (ramingo)
LUCIA
EXPERANZA
MARIA LURDES
DELIA
ALARA
MARCO
Roberta
Antonia
Stefania
Mario
Umberto
Lia
Giulia
Giuliana
Lina
Lisa
Massimo
Stefano
Andalusia
Victoria Frensel
Miguel Dominguez Duràn
Miguel Maria Rodriguez
Asturies
Adriàn Gallo Rodriguez
Catalunya
Ania Barcèlo
Cuerda
Elena
Pedro Sanchez
Lara
Pablo Diaz
Joan Pinol
Garcia
Luis Mendoza Cembranos
Noelia Alvàrez
Diaz
Amparo Rodriguez de Dios
Alberto
Pérez
Noelia Alvàrez Diaz
Esther Latorre
Emma Ferre
Il continuo ondeggiare
dell’oceano contro gli scogli,
il respiro del vento, il cigolio dei
gabbiani,
il rumore delle piccole imbarcazioni colorate
d’arcobaleni,
il sorgere del sole in questi splendidi
scenari
riempiono d’oro il mio cammino.
Camminando tra le impronte dei gabbiani
e i cocci delle conchiglie
il sospiro del mare entrava nel mio sentirmi
parte di questa terra
tra lo scroscio delle onde
il bacio dell’oceano mi riempiva di
meraviglia
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